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Var, che disastro. Polemiche a non finire su arbitri e tecnologia

L'anno scorso il Var aveva convinto tutti. Mentre in queste settimane l'occhio elettronico è salito sul banco degli imputati. Colpa delle regole che sono cambiate: ora il Var viene usato solo in caso di errore "chiaro ed evidente"

Var, che disastro. Polemiche a non finire su arbitri e tecnologia

Da occhio elettronico a occhio del ciclone. È il destino del Var, il Video assistant referee che l'anno scorso aveva ridotto le polemiche legati agli episodi più contestati della Serie A. Era iniziata una nuova era, almeno così sembrava. Con gli opinionisti televisivi destinati all'irrilevanza insieme al circo dei processi sportivi che ogni lunedì animano le varie emittenti, dalla prima tv nazionale all'ultimo canale locale. E invece, quest'anno, sono bastati 360 minuti per cambiare tutto.

L'ultimo a scagliarsi contro il Var è stato Urbano Cairo. Il presidente del Torino non le ha mandate a dire: "Fin dall’inizio sono sempre stato a favore della Var. L’ho sostenuta, l’ho difesa, ho accettato gli errori iniziali… Ma ora comincio ad avere dei dubbi. Se questo deve essere il modo in cui viene usata, tanto valeva non averla", le sue parole riportate dalla Gazzetta dello Sport. Tutta colpa di Berenguer, verrebbe da dire. Nella partita contro l'Udinese, l'attaccante granata si è fatto trovare sulla linea del fuorigioco segnando un gol che è stato annullato dall'arbitro Valeri su segnalazione del guardalinee: ma l'offside non c'era. Perché allora la rete non è stata convalidata? Quando l'assistente ha già alzato la bandierina, il Var non può intervenire.

Non è colpa del Var, dunque. Ma delle norme che ne regolano l'applicazione. È diventato questo il principale argomento di discussione tra i tifosi dell'Inter, ancora più dell'allergia al gol di Mauro Icardi. Già alla prima giornata, la granitica certezza dei sostenitori nerazzurri della regolarità del campionato si era frantumata sotto i colpi del rigore dubbio concesso al Sassuolo per il contatto tra Miranda e Di Francesco. Poi, dopo 180 minuti di relativa tranquillità, il Var è tornato sul banco degli imputati dopo la partita con il Parma. Al Meazza è successo di tutto tra falli da cartellino rosso, rigori solari non concessi e un braccio galeotto a fermare un tiro diretto in rete. Tutto (o quasi) contro l'Inter, con il Var a fare da spettatore non pagante. O meglio, Rocchi di Firenze. Dal momento che, fino a prova contraria, è la tecnologia a essere al servizio dell'uomo (e non viceversa).

Eppure, al netto della dimenticanza del fischietto fiorentino sul mani del parmense Dimarco sulla conclusione di Perisic, le colpe maggiori sono dell'Ifab. Sigla sotto cui si nasconde l'International Football Association Board, protagonista in estate di una decisione destinata a ridimensionare il Var. Luca Marelli, ex direttore di gara e guru dei regolamenti arbitrali, un mese prima dell'inizio del campionato aveva spiegato che - in base alle modifiche apportate dall'Ifab - l'occhio elettronico sarebbe stato utilizzato non più in caso di "chiaro errore", ma di "chiaro ed evidente errore". Ecco perché, tolto l'episodio che ha visto protagonista Dimarco, tutti gli altri casi registrati finora derivano dalle indicazioni dei "guardiani del gioco".

Saranno 34 giornate di passione. Ed errori arbitrali.

Per la felicità degli opinionisti tv.

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