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VUVUZELA

Altro che l’Europa delle promesse non mantenute e l’Africa delle promesse eterne. In Coppa del Mondo comanda il Sudamerica che non fa rima solo con Brasile e Argentina, ma significa anche Uruguay, Paraguay e Cile. Le cinque nazionali approdate alla fase finale sono ancora in pista. E tutte, tranne il Cile, si sono classificate al primo posto nei rispettivi gironi. E tutte potrebbero approdare ai quarti di finale ad eccezione probabilmente del Cile che in serata se la vedrà, in un derby fratricida, con il Brasile. Uruguay e Argentina sono già fra le prime otto grazie ai successi su Corea del Sud e Messico. In giornata toccherà al Brasile, facciano gli scongiuri i suoi tifosi, martedì potrebbe essere il giorno del Paraguay opposto al Giappone. Se non è egemonia, questa, poco ci manca. L’Africa ha portato avanti solo il Ghana, all’Europa gli altri posti.
A questo punto c’è da chiedersi perché una regione così competitiva debba prendere parte al Mondiale soltanto con cinque rappresentanti rispetto, che so, alle sei africane o alle millanta rappresentanti del Vecchio Continente in declino. I risultati fanno da specchio a questa superiorità. Nelle 17 partite fin qui disputate, le nazionali del Sudamerica ne hanno vinte 12 e pareggiate 4. Del Cile l’unica sconfitta per mano della Spagna. Ma in quella occasione gli uomini di Bielsa, pur in inferiorità numerica per oltre un’ora, misero paura a Villa e compagni. Da quelle parti fanno festa nelle strade. In Europa giornali e tv non hanno avuto pietà delle finaliste uscenti (Francia e Italia, in gara per indossare la maglia nera di ultima della classe), dell’Inghilterra uscita ieri in malo modo e perfino della Spagna, sconfitta nella gara d’esordio e ancora convalescente. Eppure la forza delle nazionali sudamericane è maturata proprio nel Vecchio Continente che ha fatto da grande scuola ai loro giocatori sul piano professionale, tecnico, psicologico. Li ha abituati, in modo particolare, a gestire la pressione degli appuntamenti di maggior peso. In Europa hanno imparato il mestiere Dunga, Maradona e Tabarez, i ct di Brasile, Argentina e Uruguay. Il primo ha coniugato nella Seleçao il talento dei campioni con il pragmatismo del gioco. Dieguito fa il verso a Mourinho, più di un allenatore è un motivatore. Tabarez si porta appresso la lezione appresa negli anni bui del Milan. Dall’Argentina arrivano i tecnici di Paraguay e Cile, Martino e Bielsa. E in Argentina si gioca un calcio molto simile al nostro.

A forza di andare a scuola gli allievi hanno superato i maestri.

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