Le spose bambine d'Italia

Ogni anno sono 2mila le nuove schiave: nate e cresciute nel nostro Paese ma obbligate a sposarsi negli Stati d'origine. Nel nome dell'islam

Le spose bambine d'Italia

Hina Saleem aveva solo vent'anni quando fu uccisa da suo padre in un paese della provincia di Brescia. Era pakistana, ma voleva vivere – e soprattutto amare – all'occidentale. I suoi genitori non le hanno perdonato di aver scelto il ragazzo sbagliato. Lei, che già da bambina era stata promessa in matrimonio nel suo Paese. In Italia ogni anno sono circa duemila le ragazzine come Hina. Nascono e vivono nelle nostre città ma, già a partire dai cinque anni, si ritrovano oggetto di veri e propri contratti: vengono cedute come spose dalle loro famiglie che, in cambio, ottengono soldi. Nella maggior parte dei casi si tratta del mantenimento a vita delle proprie figlie, come una sorte di dote al contrario, versata dai futuri mariti ai genitori delle ragazzine.

Il dato, elaborato dal Centro nazionale di documentazione per l'infanzia, tiene conto anche delle situazioni sommerse, ma è fermo al 2007 perché in Italia non ci sono progetti specifici per contrastare i matrimoni forzati. Né tantomeno studi statistici. L'Università Cattolica di Milano ha provato a contare i casi accertati, quelli nei quali c'è stata una denuncia e la relativa messa in sicurezza della vittima: sono più di 150 ogni anno. L'unica associazione che aiuta queste ragazzine si trova a Imola. Si chiama Trama di Terre e potrebbe chiudere da un momento all'altro perché mancano i fondi necessari per portare avanti i suoi progetti. I soldi arrivano, infatti, solo da realtà private e, a causa della crisi, anche questi cominciano a scarseggiare.

LA TRAPPOLA

I matrimoni forzati hanno una dinamica accertata. In Italia viene stretto l'accordo: i genitori della bimba la promettono in sposa a un uomo molto più grande in cambio di denaro e del mantenimento della ragazzina. Le nozze avvengono però nei Paesi d'origine, perché nel nostro ordinamento i matrimoni con minori sono vietati. Ed è possibile sposarsi a 16 anni solo per gravi motivi comprovati dal Tribunale. Per questo le bambine, vittime di questa tratta, vengono portare via con l'inganno. E, una volta arrivate in Pakistan, India, Bangladesh, Albania o Turchia finiscono sull'altare, accanto a un uomo che spesso ha decine di anni di più. E mai visto prima. «Abbiamo calcolato che nel nostro Paese i casi ogni anno sono circa duemila, ma mancano dati precisi, quindi pensiamo possano essere anche molti di più – spiega Tiziana Dal Pra, presidente dell'Associazione Trama di Terre -. Le bambine costrette alle nozze sono tutte straniere, spesso immigrate di seconda generazione. Sono promesse in sposa in Italia ancora piccolissime. E poi, una volta arrivate all'adolescenza, vengono riportate nei Paesi d'origine per celebrare le nozze».

TURCHIA, ALBANIA E LA TRATTA

Le spose bambine d'Italia provengono soprattutto dalle comunità di India, Pakistan, Bangladesh ma anche Albania e Turchia, Paesi a poche centinaia di chilometri da noi e che aspirano a entrare nell'Unione europea. Sono per lo più di religione musulmana e devono sottostare alla legge islamica secondo la quale una bambina raggiunge la maggiore età già a nove anni. In tutto il mondo, invece, gli Stati più a rischio - secondo i dati delle Nazioni Unite - sono Niger, Chad, Bangladesh e Guinea dove il 60 per cento delle donne si sposa prima dei 18 anni. «Queste ragazzine in molti casi sono consapevoli di avere dei diritti, anche perché frequentano la scuola, sanno che in teoria esiste un'altra possibilità. Ma non sempre sono in grado di contrastare la volontà della famiglia – prosegue Dal Pra -. Per questo si creano attriti enormi, che alcune volte sfociano in violenza». L'Italia però fa ancora troppo poco, nonostante abbia ratificato la Convenzione di Istanbul relativamente alla violenza sulle donne. «I matrimoni forzati non sono ancora considerati una forma di abuso e non esiste personale specializzato in grado di intervenire», conclude il presidente. Nel resto d'Europa invece qualcosa si muove. In Germania, dove i casi sono circa tremila l'anno soprattutto nella comunità turca, le associazioni che combattono il fenomeno sono finanziate direttamente dal governo. In Gran Bretagna, dove sono 1.500 specialmente nei gruppi indiani e pakistani, dal 2011 è attivo la Home office's forced marriage unit . In Francia si arriva addirittura a 60mila casi, ma la legge qualche strumento lo ha introdotto.

I PERMESSI DI SOGGIORNO

«Quando si parla di matrimoni forzati in Italia di solito si fa riferimento a bambine costrette a sposare uomini grandi – specifica Mara Tognetti, docente di Politiche dell'immigrazione all'Università Bicocca di Milano –. Ma non bisogna dimenticare che molto spesso avviene il contrario. Infatti questi fenomeni coinvolgono anche bimbi maschi promessi a donne adulte. Nelle comunità di India e Pakistan, tanto per fare un esempio, le famiglie si mettono d'accordo con un vero e proprio contratto matrimoniale, un accordo economico grazie al quale i genitori dei futuri sposi ottengono somme di denaro, la certezza del mantenimento dei propri figli o addirittura un aiuto per ottenere documenti e permessi di soggiorno». Gli occhi, in Italia, sono puntati soprattutto sui ricongiungimenti familiari improvvisi. «Spesso riguardano lontani parenti, e allora capiamo che dietro in realtà si nasconde ben altro», prosegue l'esperta. L'ipotesi, insomma, è che quando un cittadino straniero chiede il ricongiungimento con un cugino di secondo grado, quel lontano parente sia in realtà il marito di una bambina. O il suo promesso sposo. Ma provare questi abusi è estremamente difficile, e allora capita molto spesso che restino impuniti. Ed estranei a qualunque calcolo statistico. «Purtroppo nel nostro Paese si fa ancora pochissimo. La questione andrebbe affrontata dal governo, promuovendo programmi di sensibilizzazione e formazione di personale specializzato. E agendo su ambasciate e consolati», dice. Invece accade che il matrimonio forzato non sia neanche considerato un reato penale specifico. Men che meno una violazione dei diritti umani o una forma di violenza sulle donne.

PADRI PADRONI

«Il fatto che in Italia il codice penale non preveda un reato specifico tutto sommato, dal mio punto di vista, non è del tutto negativo – dice Barbara Spinelli, avvocato specializzato in questi temi -. Perché l'assenza di un reato favorisce l'emersione del fenomeno. Aiuta i ragazzi a raccontare quello che sta accadendo loro senza la paura di immediate conseguenze sulla loro famiglia. Non bisogna mai dimenticare che queste vittime spesso non hanno la forza, o la volontà, di mettersi contro i loro genitori». Insomma, se il codice penale prevedesse un reato specifico di matrimonio forzato sarebbe complicato convincerli a parlare, perché quella semplice confidenza potrebbe portare i genitori dietro le sbarre. Senza questo ulteriore terrore, invece, è più semplice spingerli a raccontare quello che subiscono, perché sanno che mamma e papà rischiano poco. Se si tratta di minori, gli assistenti sociali possono intervenire per allontanare i piccoli da casa. O, quando sia possibile ottenere delle prove, presentare una denuncia per abusi o violenza. Nel caso dei ragazzi maggiorenni, invece, gli strumenti di intervento sono pochi, in mancanza di una denuncia diretta. Questo perché la difficoltà sta nei legami profondissimi fra vittime e carnefici. Da una parte ci sono ragazzine indifese, e ormai abituate a vivere in Occidente, dall'altra padri padroni, che le crescono in modo libero nei primi anni di vita e poi, non appena i loro rapporti sociali si intensificano diventano ossessivi e violenti.

LA PROTEZIONE

«In Italia la maggior parte delle persone considera queste forme di violenza solo un problema culturale di alcune comunità immigrate – conclude Spinelli –. Per questo non sappiamo intervenire correttamente, considerando che una mediazione con i genitori non è assolutamente possibile. Occorrono invece strumenti di protezione molto forti per le ragazze che sfuggono ai matrimoni forzati. Perché loro non hanno contro solo la famiglia d'origine, ma l'intera comunità». Insomma, si dovrebbero inserire queste piccole donne nel piano nazionale anti violenza. Anche perché il rischio, in mancanza di interventi efficaci, è che nei prossimi anni la situazione possa peggiorare. Basti pensare che se attualmente le nozze forzate nel mondo sono circa 60 milioni ogni anno, le Nazioni Unite hanno previsto che, senza interventi specifici, si potrebbe arrivare a 140 milioni entro il 2020. Attualmente sono 141 gli Stati nei quali lo stupro domestico è ancora legale. E la situazione è terribile nei Paesi in via di sviluppo: qui una bambina su tre si sposa prima dei 18 anni, una su nove prima di aver compiuto 15 anni.

L'associazione Plan ha calcolato che in queste nazioni i matrimoni forzati sono 14 milioni l'anno, 41mila al giorno. Uno ogni tre minuti. Il dato è ancora più agghiacciante se si pensa che basta attraversare il mare Adriatico per imbattersi in storie di violazione dei diritti di moltissime bambine.

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