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Lo spread continua a correre alla faccia del nuovo premier

Lo spread continua a correre alla faccia del nuovo premier

La squadra ministeriale c’è, ma il giudizio dei mercati resta ancora sospeso, in attesa di vedere quali carte giocherà il governo Monti nella partita contro la crisi. Cautela, dunque. Ben rappresentata dall’andamento della Borsa, altalenante per l’intera seduta nonostante una chiusura in positivo (+0,8%), e soprattutto dal valore dello spread rimasto su livelli di guardia (519 punti base) tali da impedire al rendimento dei Btp decennali di schiodarsi dalla soglia critica del 7 per cento.
Con il passare dei giorni, appare sempre più chiaro che la febbre da differenziale è un virus capace di contagiare tutti. La Francia è il nuovo bersaglio: con uno spread record a quota 193 rispetto al Bund tedesco, con gli Oat al 3,7% e a causa della frenata dell’economia nel secondo trimestre, la tripla A di Parigi sembra davvero appesa a un filo sottile. Il problema del debito sovrano non è «solo dell’Italia ma anche dell’Europa. C’è un problema di credibilità dell’eurozona, chiamata a dare risposte più coraggiose», ha spiegato Maria Cannata, dirigente generale del debito pubblico del ministero dell’Economia, nel suo intervento a un convegno dell’Aiaf, l’associazione degli analisti finanziari. Da via XX Settembre l’evoluzione della crisi del debito è seguita con particolare attenzione. Ma senza eccessivi timori. L’anno prossimo verranno emessi bond per 440 miliardi, un livello giudicato tuttavia «non proibitivo». E se le turbolenze dovessero rientrare, non ci saranno «grossi impatti sui conti pubblici». Il rapporto debito-Pil, ha anticipato Cannata, dovrebbe tra l’altro scendere sotto il 120% a fine anno.
L’estendersi del contagio sta in ogni caso mettendo ancora più a nudo il deficit di coesione tra i Paesi di Eurolandia. E ciò non piace ai mercati. Mentre da più parti si vorrebbe dotare la Bce di maggiori poteri in stile Fed per contrastare il fuoco della speculazione, la Germania resta rigidamente arroccata sulle proprie posizioni. «Per come li vediamo, i trattati europei non danno alla Bce la possibilità di risolvere questi problemi», ha detto la Cancelliera, Angela Merkel, durante una conferenza al termine di un incontro con il premier irlandese, Enda Kenny. Provocandone subito l’irritata reazione: «Solo la Bce - ha detto Kenny - ha la capacità di intervenire come frangifuoco invalicabile».
Queste divergenze di vedute sono d’ostacolo alla soluzione della crisi. Si perde tempo, mentre i mercati agiscono. Rischia così di creare un altro casus belli la proposta rilanciata ieri dal presidente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso, di una tassa sui patrimoni più ingenti. Berlino si è già detta contraria, ma il prelievo forzoso potrebbe essere uno dei punti-chiave, insieme con la riforma delle pensioni, del governo Monti. L’idea piace all’Aiaf, convinta che una tassazione del 5 per mille garantirebbe alle casse pubbliche un gettito di 155 miliardi in 10 anni, o di 310 miliardi se l’imposta avesse durata ventennale.

Questa manovra, sommata alle privatizzazioni, potrebbe portare a una contrazione di due punti percentuali dello spread, con un risparmio fino a 40 miliardi sulla spesa per interessi.

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