La stanza di Mario Cervi

Caro Cervi,
in considerazione della grande stima che ho per lei, mi permetto di disturbarla per avere il suo parere su un fatto che è oggetto di valutazioni opposte. Il rifiuto opposto il 28 ottobre del 1922 dal Re Vittorio Emanuele III alla firma dello stato d’assedio, richiestogli da Facta e dal suo governo, è ritenuto dalla maggioranza degli studiosi come un errore gravissimo del Sovrano, che così aprì le porte ai fascisti. È indubbio però che nel periodo compreso tra la fine del conflitto mondiale e l’ottobre del 1922 l’Italia si trovasse in uno stato di caos indescrivibile, con un governo incapace di far sentire la propria presenza... In tali condizioni la maggioranza degli italiani intravedeva nel movimento fascista e, soprattutto, nella persona di Mussolini un riscatto e un possibile ritorno alla normalità. È lecito a questo punto chiedersi che cosa sarebbe successo se il Re avesse aderito alla richieste di Facta. Certamente si sarebbe scatenata una guerra civile e anche se il movimento fascista fosse risultato soccombente si sarebbe protratta la situazione di sfascio preesistente, con tutti gli incalcolabili disastri conseguenti.

A mio avviso il re preferì scegliere il male minore, convinto che ritornata la normalità il fascismo avrebbe perso la sua forza propulsiva ; non gli si può comunque addebitare colpa alcuna, ma è doveroso riconoscergli il merito e il coraggio di aver agito, nella difficile situazione, per il bene della Nazione.
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