Vorrei intervenire nel dibattito relativo al servizio con cui il Giornale ha titolato il 5 giugno: «Allarme, torna la DC». Tutto il servizio è improntato sul «rischio» di un ritorno della Balena Bianca con motivazioni varie, nessuna delle quali, però, fa riferimento a dati ed elementi concreti che giustifichino la preoccupazione di una rinascita democristiana. Vediamone alcuni. Nel 94 il debito pubblico era al 105 per cento del Pil, oggi siamo al 120; le tasse sono aumentate e siamo passati dai 115 giorni di lavoro dedicato al fisco nell80 ai 155 giorni di oggi. Laumento della disoccupazione, specie quella giovanile, e del precariato sono sotto gli occhi di tutti. Eravamo la 4ª-5ª potenza industriale nel mondo e siamo l8ª-9ª; per non parlare di sviluppo, deficit pubblico, giustizia, sicurezza ed etica, pubblica e privata. Se i principali dati socio-economici concordano sul fallimento di questa Seconda Repubblica, anche dal punto di vista della partecipazione popolare e della rappresentanza politica va registrata una caduta della qualità della nostra democrazia con labolizione delle preferenze e la trasformazione dei partiti in «aziende padronali». Con il trionfo di una partitocrazia oligarchica molto più feroce di quella della Prima Repubblica, dove almeno qualche selezione della classe dirigente veniva effettuata, oltre che con le preferenze, con il consenso costruito sui tesseramenti, sui congressi locali e nazionali, e sui Consigli nazionali elettivi. In questi anni il cattolicesimo politico ha continuato a vivere come un fiume carsico diviso in mille rivoli. Solo io ne ho censiti quasi cinquecento e, caduta lillusione di uno spazio reale del cattolicesimo politico nellattuale centrodestra, sto lavorando per dar vita a quel coordinamento di tipo federale che anche Benedetto XVI ha più volte pubblicamente sollecitato. Pertanto la Dc (o come la si voglia chiamare) cè già per due fondamentali ragioni: perché la Seconda Repubblica con la sua mancata «rivoluzione liberale» ha ampiamente deluso e perché al fondamento di ogni strategia politica ci deve essere un tessuto di principi etici condivisi; mi riferisco a una «religione civile» che mi sembra molto difficile realizzare senza un riferimento laico alle grandi tradizioni religiose. Il vero rischio è che se non ricomponiamo velocemente uno schieramento politico fondato su tali valori, ci troveremo presto dinanzi a quello che Augusto Del Noce profeticamente indicò come «partito radicale di massa»: un partito, cioè, fatto di individualismi, egoismi anche geografici, desideri trasformati in diritti civili, negazione dei diritti naturali e inviolabili riconosciuti anche dallart. 2 della Costituzione. Un partito dove la sinistra tradizionale e anche parte del mondo cattolico dovranno mettersi al seguito di posizioni giacobine mascherate dietro formule di cambiamento, di umanitarismo e anche di spiritualismo. Partito di cui le recenti elezioni amministrative hanno dato forti segnali. Non si tratta, dunque, né di salvare organizzativamente un Pdl che sembra aver rinunciato a fondamentali punti di riferimento, né di lanciare allarmi ideologici dinanzi al crescere nella società di unesigenza per una politica diversa ed eticamente più motivata.
Il problema è realizzare un partito sui valori laici della nostra tradizione cattolica e della nostra Costituzione, che sia organizzato democraticamente e che, dopo laccantonamento dellutopia collettivista, metta da parte anche i miti del liberismo e del «mercato salvifico». Da contrapporre sul piano dei valori e del bene comune al «partito radicale di massa». Ma, piaccia o non piaccia, questo è lo spazio della cultura democristiana, al di là del nome e dei simboli.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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