«Niente ha successo come il successo», scriveva Moravia. Domandate pure a Francesca Schiavone quanto sia vero questo assioma che interpreta alla perfezione l'ennesima impresa della tennista milanese, la prima italiana a conquistare la finale in uno Slam. E poco importa se il sigillo sia arrivato alla fine del primo set, vinto al tie-break dall'azzurra dopo 69' tormentati minuti di gioco, in seguito a un infortunio muscolare della sua rivale, Elena Dementieva, numero 5 del ranking. È successo tutto al cambio di campo in modo così sorprendente da prendere in contropiede non solo il pubblico, ma anche la nostra Francesca e le tv rifugiatesi nella pubblicità. Con una smorfia di sofferenza e le lacrime agli occhi, la 28enne campionessa di Mosca s'è avvicinata alla Schiavone e le ha stretto la mano: «Mi ritiro, ho troppo male, la finale è tua».
Ecco perché, subito dopo aver mandato in corridoio il rovescio che chiudeva il primo set, diceva fra sé: «Non posso andare avanti, non ce la faccio». In conferenza stampa dirà di avere male al polpaccio sinistro fin dal secondo turno. Si spiegano così le tre smorzate suicide con cui aveva cercato di abbreviare alcuni scambi del tie-break. Ma nessuno si era accorto di niente. Quasi una legge del contrappasso: nei quarti la Dementieva aveva superato la connazionale Petrova sfruttando un malanno dell'avversaria alla coscia. Così è lo sport.
Francesca nostra ha impiegato qualche secondo per capire cosa stava accadendo e per comprendere di essere in finale. Poi ha apprezzato il canovaccio e, giusto come aveva fatto due giorni prima, s'è allungata sul campo per baciare la terra rossa del Roland Garros e ricevere gli applausi convinti del pubblico.
Ancora una volta ha aggiornato il librone del nostro tennis. Mai un'italiana, nella storia centenaria degli Slam, aveva avuto l'opportunità di vincerne uno. In passato c'erano riusciti, e sempre al Roland Garros, solo in tre: De Stefani (sconfitto nella sua unica finale), Pietrangeli (quattro volte con due vittorie) e Panatta (un tentativo, un successo). Adesso tocca a lei, a questa ragazza di quasi 30 anni, li festeggerà il 23 giugno, alta appena 1.66 cm, tifosa dell'Inter, che suona il pianoforte e scrive poesie, ama la musica di Mina e i libri di Follett. Di questa ragazza che ha avuto il grande merito di credere in se stessa al punto tale da lavorare sodo per migliorarsi e dare la paga alle forzute teen-ager del tennis al femminile. Incredibili i suoi progressi nella battuta, nel dritto e soprattutto nella tenuta mentale. Ciao ciao "leonessa", oggi sei molto di più, sei una campionessa in tutto e per tutto.
Con l'impresa di ieri la Schiavone s'è assicurata quanto meno il settimo posto nel ranking mondiale (e la Pennetta è decima, mai due azzurre nella top-ten), il premio della Fit (200mila euro, potrebbe raddoppiare in caso di trionfo) e l'assegno degli organizzatori che, a seconda del piazzamento, varia da 560mila a un milione e 120mila euro. C'è poi un particolare da far drizzare i capelli e aprire il cuore di speranza, una curiosità che risale all'anno in cui l'ultimo italiano vinse il torneo. Era il 1976. E Adriano Panatta salvò un match-point nell'incontro di apertura contro il ceco Hutka prima di batterlo in cinque set per 2-6 6-2 6-2 0-6 12-10. Bene. A distanza di 34 anni la Schiavone ha raggiunto la finale dopo aver corso lo stesso rischio nel primo turno con la russa Kulikova, l'unica ad averle strappato un set. Che sia di auspicio.
In semifinale Francesca nostra, l'ennesima ragazza a far grande lo sport italiano, ha avuto solo un momento di appannamento sul 3-3 quando ha perso il servizio salvo recuperarlo alla prima opportunità. Sul 5-4 non è riuscita ad approfittare di due doppi falli della Dementieva. Nel tie-break è finita sotto per 2-0 prima di mettere a segno sei punti consecutivi e chiudere al secondo set-ball: 7-3 il verdetto. Poi l'epilogo agrodolce: «Ho scritto una pagina di storia per il mio Paese e per me stessa... sognavo fin da bambina di giocare questa partita, è la più grande opportunità della mia carriera e la sfrutterò fino in fondo...». Quindi rivela la svolta di un anno fa: «Nelle strutture federali ho trovato il mio equilibrio e il merito è anche di Corrado Barazzutti.
Fra noi c’è rispetto reciproco, lui è un grande coach e sente che sono un’atleta che dà tutta se stessa... State sicuri. Io non mollo mai». In finale, Francesca si giocherà tutto contro l’australiana Stosur che ha superato facilmente la serba Jankovic 6-1, 6-2.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.