Le bestie come alibi dellumana follia. Questo sono gli Animal crackers, gli undici racconti di Hannah Tinti, scrittrice americana appena pubblicata in Italia da Einaudi (traduzione di Giovanna Granato, pagg. 183, euro 13,50).
Veramente gli animal crackers originari sarebbero biscotti in forma di animaletti. Elefantini, serpentelli, scimmie, cagnolini, giraffe. Hannah Tinti confessa di adorarli e qui finisce la sua innocenza. Già lavere affibbiato alla sua raccolta un nome fintamente ingenuo costituisce un peccato di femminile malizia letteraria. Prendere a pretesto lamore verso gli animali per raccontare le perversioni degli uomini è poi un atteggiamento da antropologo che si traveste da zoologo.
Uno tira fuori dalla scatola dei biscotti la graziosa silhouette di una giraffa e che ci trova? Una squadra di giraffe di uno zoo che entrano in sciopero, avanzando una serie di rivendicazioni sindacali: «Condizioni eque», come titola il relativo racconto. È una parodia della conflittualità sociale, che offre il destro alle sottili riflessioni sul rapporto di coppia cui sabbandona il custode: un omino vittima della moglie autoritaria, ma anche affascinato dai suoi malumori «e dalla carnosità tra la parte alta delle gambe e lattaccatura del sedere».
Tinti conosce bene le bestie e, parlando di esse, come solo ai grandi scrittori accade, riesce a dire qualcosa di nuovo sul genere umano. Con uno stile preciso come il bisturi dun chirurgo e col cinismo inevitabile dellacuta osservatrice. Tocca al coniglio, che dovrebbe volare, per far felice il suo padroncino. Il quale è ossessionato da una madre asfissiante e nellanimaletto vede la proiezione di sé e quindi lunica possibilità di riscatto. Il coniglio volerà. Ma dal balcone di casa...
Ora è la volta del serpente boa, loriginale pegno che un uomo bislacco lascia alla sua amante prima dabbandonarla. Quando luomo commetterà lerrore di tornare, lamato rettile gli sarà servito fritto dalla donna. Povero serpente! Era lunico ad avere tutte le rotelle a posto e ha pagato con la vita la sua normalità. Arrivano le scimmie. E una donna, dapprima ossessionata dal sesso, comprende infine che il suo vitalismo è soltanto amore per la libertà. Fugge allora nella giungla attratta dalla libertà di vita di queste sue non troppo lontane cugine. La stanno ancora cercando. Forse solo Hannah Tinti sa dove si trovi...
Dalla scatola - poteva mancare? - salta fuori un orso impagliato: si anima allimprovviso dentro un museo di storia naturale. Incombe minaccioso su una figlia schiacciata dal peso del padre, artista come lei, ma di statura di molto superiore e, per soprammercato, gay e moribondo. Non manca comè ovvio il cane. In questo caso muto testimone di un omicidio nato dalla gelosia.
Nel volume uccidono e commettono bestialità indifferentemente uomini e donne. Tinti è del tutto imparziale nel considerare i due sessi sconsiderati allo stesso modo. E, forse più saggio di quanto non appaia a prima vista, è linserviente dello zoo che, tutte le sere, si stende a terra nella gabbia dellelefantessa Marysue, la sfiora sotto il ginocchio e le piazza la testa sotto la zampa.
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