Una generazione spezzata dalla guerra. A milioni annichiliti tra le zolle dei campi di Fiandra, tra i sassi del Carso, nelle paludi dei laghi Masuri. Ogni morte una tragedia. Non si possono fare classifiche tra i caduti. I morti sono tutti uguali, sanno una cosa sola, che preferivano essere vivi. Eppure non si può non notare come i Paesi trascinati nel conflitto abbiano perso, nel tritacarne delle trincee, molte delle loro menti migliori, molte giovani promesse dell'arte e della scienza. La guerra non fu igiene del mondo. Molti di quelli che lo avevano teorizzato si accorsero, sulla propria pelle, che nelle tempeste d'acciaio possono essere travolti i forti e i deboli, il genio ha la stessa possibilità di sopravvivere dello scemo del villaggio.
Toccò tra gli italiani al futurista Umberto Boccioni , classe 1882. Il geniale pittore di Rissa in galleria non ebbe nemmeno la gloria del fronte, che forse gli sarebbe piaciuta. Interventista, si arruola nel Corpo nazionale volontari ciclisti automobilisti. Il 17 agosto 1916, durante una esercitazione militare, muore per un banale incidente. Sbalzato da una cavalla, imbizzarritasi alla vista di un autocarro. Il tutto molto lontano dalle trincee, a Chievo, in una stradina tra i campi. Altri artisti lo avevano seguito come volontari. Il pittore Carlo Erba (famoso il suo Le trottole del sobborgo ) a esempio. Passa dai volontari agli alpini col grado di sottotenente. Durante un assalto in alta montagna è ferito, decorato sul campo e promosso. In un'altra azione, a Punta Vallero, il 2 novembre 1916, salva la vita a due Alpini, trasportandoli a braccia pur ferito a una mano. Riceve una medaglia di bronzo. Nella notte tra il 12 e il 13 giugno 1917, durante un assalto all'arma bianca sull'Ortigara, cade colpito da una scheggia di granata. Nei giorni successivi il campo di battaglia è rivoltato, zolla a zolla, dalla furia dell'artiglieria austriaca. La salma non è stata mai più trovata. Stesso destino per quello che forse è il genio più inespresso del futurismo, Antonio Sant'Eli a. Nato il 30 aprile 1888 a Como, il suo talento per l'architettura è precocissimo. Non è riuscito a costruire quasi nulla, ma i suoi disegni di città e di grattacieli anticipano le metropoli contemporanee di decenni. Nell'inverno del 1916 è sul fronte vicentino. Qui, in luglio, ottiene una prima medaglia d'argento dopo un attacco condotto nella zona del Monte Zebio. Alcune settimane dopo viene trasferito sul fronte carsico. Il 10 ottobre 1916 guida un assalto a una trincea nemica. È colpito mortalmente alla testa.
Ma non solo artisti: muore d'infarto nelle retrovie il matematico Ruggiero Torelli (1884-1915), suo uno dei più importati teoremi sulle curve lisce e proiettive. È stanco e malato ma rifiuta di abbandonare il servizio. Viene falciato dalle schegge mentre soccorre i feriti Gaetano Perusini (1879-1915), uno dei grandi precursori degli studi sul morbo di Alzheimer. E tra gli scrittori? Una strage: Giosué Borsi muore in combattimento vicino a Gorizia nel 1915, Scipio Slataper, autore de Il mio Carso , cade combattendo sul monte Podgora nel 1915 (medaglia d'argento). Sulla stessa montagna cade anche il critico Renato Serra . Carlo Stuparich , fratello di Giani, era considerato una vera promessa della letteratura italiana. È circondato sul Monte Cengio. Per non arrendersi agli austriaci si spara in testa. Di lui resta una sola opera: Cose e ombre di uno.
E questa è solo l'Italia. Il computo per tutti gli altri Paesi coinvolti è quasi impossibile da fare. L'Inghilterra sacrifica sull'altare della guerra una promessa della fisica: Henry Gwyn Jeffreys Moseley (muore nella carneficina di Gallipoli nel 1915). Secondo molti, i suoi esperimenti nel campo della spettroscopia a raggi X l'avrebbero rapidamente condotto al Nobel. Timothy F. McCarthy invece era stato uno dei duri delle spedizioni geografiche al Polo sud. Riuscì, assieme a Shackleton, a sopravvivere all'affondamento dell'Endurance e a salvare i naufraghi dell'Isola Elefante. La guerra se lo prende al primo giorno di combattimento. Il 16 marzo 1917 muore a bordo della petroliera S.S. Narragansett colpita da un siluro, appena uscita dal porto. I tedeschi perdono a Ypres (1914) l'astronomo Adam Massinger. Scopriva asteroidi, col suo naso all'insù non era adatto a strisciare al suolo sotto il tiro delle granate. Poi tocca al poeta espressionista Georg Trakl. Richiamato allo scoppio della guerra, è ufficiale di sanità nella battaglia di Grodek, in Galizia. Assiste da solo e senza medicine 90 feriti gravi. Traumatizzato, tenta il suicidio. Salvato, è ricoverato nell'ospedale psichiatrico di Cracovia. Muore poco dopo per overdose di cocaina. Un altro padre dell'espressionismo, Reinhard Johannes Sorge, cade ad Ablaincourt-Pressoir, il 20 luglio 1916. La Francia si vede strappare il romanziere Alain-Fournier , amico di André Gide e Paul Claudel. Nel 1913 pubblica Il grande Meaulnes che viene selezionato per il Goncourt. Nel 1914 parte per il fronte col 288º Reggimento. È dato per disperso in battaglia a Les Éparges nei pressi di Verdun, il 22 settembre 1914. Il corpo viene ritrovato nel 1991, in una fossa comune tedesca.
E l'elenco potrebbe continuare. Ogni esclusione è ingiusta, ce lo urlerebbe come in una sua poesia - «Scegli me, non lasciarmi nel buio» - l'inglese Edward Thomas , morto ad Arras del 1917. Ma no, l'ultima parola dei morti deve pronunciarla lui, John McCrae (1872-1918).
Medico e poeta, si spegne in un ospedale da campo per aver contratto polmonite e meningite. La sua Nei campi di Fiandra che i canadesi imparano ancora a memoria finisce così: «E se non ci ricorderete, noi che moriamo,/non dormiremo anche se i papaveri/ cresceranno sui campi di Fiandra».
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