«Subito più poteri al premier: partiamo da qui»

Professor Augusto Barbera, si torna a parlare di presidenzialismo ed è già polemica...
«In genere è un dibattito che accompagna le vacanze estive, ora pure quelle natalizie».
Ma lei, da costituzionalista, cosa ne pensa?
«Guardi, preferirei non dire nulla. Sono restio a parlare di questo argomento perché ho l’impressione che sia l’ennesima esternazione di Berlusconi sui temi istituzionali: una volta parla di proporzionale, un’altra di maggioritario, un’altra di presidenzialismo non meglio precisato. E poi ho visto che i giornali fanno dietrologia. Io sono poco propenso».
C’è chi dice che vuole frenare il federalismo, Casini grida al rischio populismo...
«La dietrologia non mi interessa»
Avrà pure una sua idea...
«Capirei di più un Berlusconi che essendo al governo chiede più poteri per il premier piuttosto che un Berlusconi che fa questa fuga in avanti. Credo che non si debba alzare troppo l’asticella, altrimenti non si approda a nulla. Si cerchi un accordo sulla bozza Violante, che prevede il superamento del bicameralismo perfetto, la diminuzione del numero di parlamentari e più poteri al premier. Sarebbe un eccellente risultato».
L’opposizione oggi insorge. Eppure nel ’97 la Bicamerale di D’Alema cavalcò il semipresidenzialismo...
«Quella è una vicenda che ha aspetti grotteschi. C’erano due proposte alternative: un premier forte, sul modello inglese, e il semipresidenzialismo. Passò l’idea del semipresidenzialismo perché i leghisti prima dissero che si sarebbero astenuti e poi votarono e fecero pendere la bilancia da quella parte, bisognerebbe chiedere a Maroni. D’Alema fece finta di nulla per salvare la Bicamerale, ma poi la proposta venne fatta cadere».
Però la sinistra allora lo sostenne...
«Senza convinzione, fu un infortunio».
Qual è la sua idea?
«Sono contrario al presidenzialismo per tre motivi. Primo: se parliamo di presidenzialismo americano va preso atto che dove è stato esportato, come in Sud America, è fallito. E poi quello americano è un presidenzialismo forte in politica estera e debole in politica interna. Poi c’è il presidenzialismo francese, che appartiene al dibattito politico italiano. Negli anni ’70 la proposta fu tirata fuori dai socialisti: si voleva utilizzare l’elezione diretta per rompere il consociativismo Dc-Pci e andare verso il bipolarismo. Ma ora il bipolarismo è stato raggiunto, non ha senso. Poi c’è l’infortunio della Bicamerale. Basta».
E il terzo motivo?
«Il presidenzialismo non rientra nello sviluppo del sistema politico attuale. È nella direzione del rafforzamento del premier secondo il modello spagnolo, inglese e tedesco che bisogna lavorare».
Qual è la posizione del Quirinale?
«Il Colle non può dire nulla.

Ma Giorgio Napolitano politico, quando non era capo dello Stato, era per il rafforzamento dei poteri del primo ministro. Non è mai stato presidenzialista, neanche nel periodo in cui lo erano i socialisti e lui cercava il dialogo proprio con loro».

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