Roma

Sui cassonetti il pressing di Veltroni

Silvia Marchetti

Veltroni parla, l’Ama ubbidisce. E non importa a quale prezzo. L’azienda capitolina è diventata l’emanazione diretta del sindaco, che come un demiurgo detta i tempi e la gestione del dossier rifiuti. Specie dopo il lancio della crociata per il decoro urbano e la pulizia, il cavallo di battaglia elettorale. È infatti bastata una lettera di sollecitazione all’Ama e un’intervista di Veltroni per innescare una tortuosa (ma soprattutto costosissima) avventura finita al Consiglio di Stato. Perché ormai, secondo il consigliere comunale di An Marco Marsilio (autore nei giorni scorsi di numerose interrogazioni sulle «disfunzioni» dell’Ama), «non c’è più limite al cesarismo del primo cittadino. Altro che Napoleone».
Ma andiamo con ordine. Lo scorso agosto, in piena pausa estiva con gran parte delle aziende chiuse, l’Ama bandisce una gara di appalto per la fornitura di nuovi cassonetti in acciaio, mettendo sul piatto 20 milioni di euro e chiedendo in tempi record la consegna del prototipo. L’obiettivo è la sostituzione del parco-cassonetti: 30mila contenitori che nei prossimi mesi - non a caso in tempo per le comunali - sorgeranno lungo le vie della città dandole così un lustro elettorale. Fatto sta che l’Ama, nel novembre del 2004, aveva già incaricato un’altra ditta, la Citynet, di realizzare un nuovo modello di contenitore per i rifiuti. Vince l’appalto la Meccanica Mazzocchia, la quale un mese prima aveva già realizzato - in gran segreto - un prototipo su diretta richiesta dell’Ama che lo testò negli stabilimenti aziendali. E questo nonostante ci fosse già la Citynet impegnata sul fronte cassonetti. Insomma, un giro diabolico di commesse che si sovrappongono, uno spreco di risorse e una gestione che non si può certo definire limpida ed efficiente. Si capisce dunque come sia stato facile per la Mazzocchia rispettare gli strettissimi tempi di consegna del modello (lo aveva già realizzato) e aggiudicarsi così l’appalto. A settembre le altre imprese concorrenti presentano una sospensiva al Tar denunciando «l’illegittimità» della gara (tempi restrittivi, prototipo non in linea coi parametri richiesti) che avrebbe favorito la ditta vincitrice tagliando fuori le altre. Il Tar esprime parere positivo e blocca la fornitura dei nuovi cassonetti. L’Ama e la Mazzocchia fanno ricorso al Consiglio di Stato, che pochi giorni fa ha annullato la sentenza del Tribunale sbloccando i cinque mesi di paralisi. Finalmente Veltroni avrà gli agognati cassonetti: ha già annunciato «l’imminente sostituzione» di quelli vecchi. Spulciando tra le carte emerge il ruolo preponderante del sindaco in tutta questa vicenda. Nella memoria difensiva depositata al Tar, l’Ama giustifica l’urgenza del bando con le «pressioni» ricevute da Veltroni per il «rinnovo dei cassonetti, uno dei punti qualificanti della sfida per il decoro della città». L’azienda capitolina cita come prova due atti veltroniani. La lettera del 16 marzo 2005 indirizzata ai vertici Ama, con la quale il sindaco affida all’azienda capitolina la stesura di un report settimanale «sullo stato di avanzamento» della raccolta differenziata e dell’installazione dei nuovi contenitori. E l’intervista del 20 luglio scorso, dove Veltroni ribadisce la necessità di sostituire il parco-cassonetti. «Pertanto, l’Ama (così pressata) - si legge testualmente nella memoria - provvedeva a bandire la gara di appalto per la fornitura di 30mila cassonetti». Tredici giorni dopo l’intervista - trovati in tempo record i 20 milioni di euro - esce il bando. Il diktat del sindaco è stato più che rispettato.
«Tutta questa vicenda - tuona Marsilio - evidenzia l’incapacità gestionale dei dirigenti Ama che spendono milioni di euro senza il supporto di una relazione tecnica sullo stato dei vecchi cassonetti. Un servilismo assoluto in funzione dei capricci del sindaco.

È la prova che la politica veltroniana si fa sui giornali, non nelle piazze».

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