Sui marò l’armatore difende l’ammiraglio

«L'ammiraglio Binelli non si è disinteressato ai marò» sottolinea la società armatrice Fratelli D'Amato dell'Enrica Lexie, la nave italiana che è rimasta bloccata in India per tre mesi dopo l'arresto di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. L'esclusiva de Il Giornale sulla confusa gestione italiana della liberazione della Lexie, con altri quattro fucilieri di marina rimasti a bordo, ha sollevato un bel putiferio. Compresa un’interrogazione parlamentare del senatore Domenico Gramazio ai ministri della Difesa e degli Esteri.
Il comandante Pio Schiano, direttore generale della Fratelli D'Amato, dichiara in una nota che «l’Ammiraglio Binelli (capo di stato maggiore della Marina, ndr) si era dato ben da fare per cercare di ottenere la liberazione della nave confermando che il governo italiano aveva autorizzato la firma della famosa lettera d'impegno (per i 4 marò rimasti a bordo, ndr)». Nelle ore successive gli avvocati e i funzionari italiani in India «contrapposero la loro strana idea che la firma di tale documento avrebbe messo a rischio di arresto i 4 fucilieri rimasti a bordo». Questa «retromarcia governativa costrinse l'Ammiraglio Binelli ad ammettere che non avrebbe potuto fare più nulla».

Il gettare la spugna riguardava la liberazione della nave e non Latorre e Girone sotto processo in India.
Intanto il gruppo Facebook «Ridateci i nostri leoni», che conta 70mila iscritti, ha inviato una lettera a tutti i parlamentari italiani per sollecitare la liberazione dei due marò.

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