Quoque tu, Fabio! Capello non può rientrare in Italia e impartirci una lezione nuda e cruda sulla violenza nel calcio («In Italia comandano gli ultrà») dopo essere rimasto in silenzio sullo stesso tema per anni e anni. Dov’era quando gli ultras della Juventus invasero la tribuna stampa del Delle Alpi per intimidire e picchiare alcuni giornalisti? E dov’era quando gli ultras della Roma, sull’onda di una falsa notizia, la morte di un bambino travolto da un’auto della polizia, riuscirono nell’incredibile impresa di sospendere il derby di Roma nel marzo 2004? Non ci fu complotto, stabilì l’indagine giudiziaria. «Ma poteva scapparci una tragedia», disse il prefetto Serra dopo gli attacchi portati dai facinorosi alle Forze dell’ordine e addirittura a una caserma. In entrambe le circostanze non si ricordano espressioni altrettanto severe di Capello che invece ieri, a Coverciano, ha dipinto il calcio italiano come teatro di barbari. E pensare che la stampa inglese aveva elogiato a maggio l’organizzazione della finale di Champions League, svoltasi a Roma, al punto da indicare l’Olimpico come sede fissa della manifestazione.
All’estero stanno sguazzando su queste dichiarazioni che, benché si portino appresso alcune verità, appaiono anacronistiche. Dati alla mano, gl’incidenti in Italia sono diminuiti mentre in Inghilterra sono ricomparsi gli hooligan. Forse Capello se l’è dimenticato. E forse non sa che allo stadio di Firenze i poliziotti si contano sulle dita di una mano, la gestione dell’ordine pubblico è in mano agli steward, le barriere fra curve e campo di gioco sono state smantellate. A Udine si procede sulla stessa strada. Sulla violenza nel calcio non si può essere buonisti. Ma s’è aperta finalmente una breccia importante all’interno di un sistema che cerca di prendere le distanze dagli ultras, anche se si scontra con una legislazione acquosa e convive con stadi medioevali.
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