Un telefono per denunciare gli aborti illegali e clandestini

L’idea del Movimento per la Vita. Intanto Villa Serena si ribella alle accuse della stampa

Un telefono per denunciare gli aborti illegali e clandestini

(...) Lo confermano i dati diffusi ieri dall’assessore regionale alla Salute, Claudio Montaldo, che ha voluto chiarire che nella nostra Regione, però non esiste un problema liste di attesa per l’aborto e l’intervallo di tempo che intercorre tra la richiesta della donna e l’intervento stesso «non si allontana di molto dalle disposizioni del ministro Livia Turco che parla di tre settimane». Ad oggi al San Martino, l’ultimo intervento in lista sarà eseguito martedì dopo Pasqua: nel più grande ospedale regionale, sebbene sia elevato il numero di medici obiettori, è assicurata la legge 194 e si eseguono due sedute settimanali di sala operatoria «che possono diventare tre - spiegano i responsabili - in caso di necessità».
Se non sono i tempi i motivi per i quali le donne al centro del caso di Rapallo si sono rivolte al privato (fuorilegge), sono legati alla necessità di privacy. «Su questo fronte stiamo lavorando per adeguare le strutture - ha spiegato ancora Montaldo -, anche se in ospedale riteniamo che per le pazienti non ci sia modo di essere riconosciute».
Mentre l’inchiesta condotta dal pm Sabrina Monteverde continua, Eraldo Ciangherotti, capolista Liguria nella lista per la moratoria «Aborto? No grazie», con Giuliano Ferrara, lancia un appello rivolto alle donne per chiedere di denunciare via mail (listaferraraliguria@gmail.com) o via telefono (338-2383473) le tragiche storie di aborti clandestini o illegali seconco il dettato della legge 194 sull’aborto. «Garantiamo fin da ora l’anonimato sulle denunce - spiega Ciangherotti -, ma dobbiamo fare luce sul reale impegno dello Stato e delle Istituzioni nel sostegno materiale della maternità, quando leggiamo su Il Foglio che in una ricerca del dottor Crotti su 870 donne che hanno abortito ben il 63 per cento hanno dichiarato di farlo per motivi economici. La legge 194 all’art 1 parla chiaro: le donne di fronte a una gravidanza disagiata hanno diritto di non abortire e lo Stato ha il dovere di garantire la tutela sociale della maternità».
Nel caso di questi giorni è intervenuto anche Nicola Pizio, del gruppo consiliare di Forza Italia in Comune, che «bacchetta» il sindaco Marta Vincenzi per le dichiarazioni che ha rilasciato al Corriere della Sera. «La signora sindaco confonde embrioni e feti - dice Pizio - e dichiara allucinante considerare i feti degli esseri umani, insinua che la Chiesa fa la sua parte senza specificare quale evoca speculazioni elettorali». Intanto sul caso è intervenuto anche il Garante della privacy che ha richiamato i giornalisti che rivelato l’identità di una delle donne coinvolte.

Infine, gli amministratori di Villa Serena, retta dalle suore, hanno ritenuto di precisare che nella struttura sono state sequestrate dai Nas due cartelle cliniche relative a interventi di «revisione della cavità uterina», su pazienti del dottor Rossi che erano state interessate da un aborto spontaneo.

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