La terribile epopea dei marinai del «Pascoli»

La motonave Pascoli (costruita nei cantieri del Muggiano nel 1943, 4500 tonnellate portata lorda) si trovava nel porto di Genova il 24 luglio 1944 quando viene requisita dal comando Mittelmarine tedesco, viene confermato anche l’equipaggio che è così composto: Comandante Pietro Chiappori, direttore di macchina Mario Tonon, primo ufficiale coperta Antonio Schiaffino, primo ufficiale macchina Domenico Romano, primo elettricista Giuseppe Novella. Dieci marinai ai quali vanno aggiunti sei marittimi e un nostromo tedesco è il resto dell’equipaggio. Su di essa viene effettuato un carico di rottami di ferro con destinazione Marsiglia. Partenza il 26 luglio, scalo a Nizza il 27, arrivo a Marsiglia il 28. Operazione di scarico il 29 che continueranno sino al 4 agosto. La nave dovrà restare in attesa per altre destinazioni. Il 14 agosto una incursione aerea con lancio di bombe provocherà danni a poppa e alla sovrastrutture della nave, fortunatamente nessun incidente alle persone. Per precauzione tutti saranno alloggiati in alberghi, sempre stando all’erta per potersi muove entro 10 ore.
Nella notte del 20 all’insaputa dell’equipaggio, la nave su ordine del comando marine viene trasferita alla testata del molo A imbottita di esplosivo e fatta affondare. Il comandante Chiappori preso atto dell’accaduto si rivolge al Mittelmarine per ottenere denaro e viveri. Viene invitato a rivolgersi alla capitaneria. Radunato l’equipaggio ottempera all’invito ma gli eventi bellici che stanno incalzando lo costringeranno suo malgrado a trovarsi consegnato alle autorità portuali. L’intero gruppo verrà inquadrato con i militari tedeschi costituendo una colonna che dovrà sottrarsi agli attacchi partigiani. I marinai del Pascoli saranno testimoni del brillamento delle mine che distruggono il porto.
Al mattino seguente approfittando della confusione questi disperati si sganciano dalla colonna e cercano di raggiungere Bonneverse dove un certo Ing. Corradi rappresentante della Soc. Tirrenia aveva offerto eventuale aiuto al comandante Chiappori. Durante il tragitto verso Bonneverse una pattuglia di maquis li fanno prigionieri. Saranno caricati su tre automezzi e portati a Bisantine già sede di reclusione per partigiani francesi. In questa sede ora vengono rinchiusi i sostenitori, i collaboratori (presunti) del regime di Vichy. All’arrivo il gruppo viene perquisito, trattato in malo modo, tolti le sigarette e i pochi spiccioli ancora in loro possesso. Per diversi giorni in questa prigione saranno nutriti con sole pane nero e cipolle crude. Nel frattempo nella città dal 22 al 27 infuria la battaglia. Il 29 agosto saranno trasferiti nel carcere di St. Pierre, accusati di collaborazionismo, in loro compagnia militari sbandati, funzionari del governo Petain e presunti criminali.
All’interrogatorio degli inquirenti proclamano la loro estraneità a quanto contestato e il commissario incaricato dell’inchiesta li assicura che appena la situazione si normalizzerà saranno rilasciati. Purtroppo nei giorni a seguire un ordine del governo impedisce la liberazione dei prigionieri. Si arriverà a settembre, il vitto è sempre scarso, una novità la visita dell’Ing. Corradi che promette il suo interessamento. Ai primi di ottobre ennesimo interrogatorio. Il 7 ottobre Domenico Romano viene portato al Palazzo di Giustizia: è sospettato di essere un pericoloso criminale. Un avvocato (Jean Poche) dimostrerà che è soltanto un omonimia. Sollievo per tutti.
Tutti propongono che l’avvocato faccia ulteriore domanda per la loro liberazione. Intanto al St. Pierre hanno inizio diversi processi, vengono comminate delle condanne a morte che saranno eseguite nello stesso piazzale del carcere. La notizia deprime. Ritorna l’avvocato, assicura che la liberazione avverrà da un momento all’altro, sono stati fatti i passi necessari ad una commissione italiana.
A fine ottobre la notizia da parte francese per il rilascio salvo l’assenso da parte italiano Romano è ancora tradotto al Palais per una conferma circa il suo omonimo: per questo vengono convocati Schiaffino e Novella. A fine mese ottengono il permesso di lavorare nel carcere: costruiranno pagliericci. Lavoro noiosissimo che però consente una doppia razione di zuppa. Il 4 Chiappori e Tonon vengono tradotti al Palais per testimoniare sul caso Romano. Ammanettati resteranno in cella l’intera giornata per poi essere ascoltati. Il ritorno al St. Pierre verrà gratificato con tripla razione! A metà mese l’avvocato Pioche comunica che la mancata liberazione è dovuta al poco interessamento da parte italiana. Il 14 una notizia li lascia sgomenti: la pratica è bloccata, l’Ing. Corradi che doveva dare ulteriori garanzie è stato arrestato. Affranti continuano il lavoro dei pagliericci.
Improvvisamente il 15 novembre cinque marinai vengono rilasciati. Chiappori verrà liberato dopo qualche giorno. Romano ancora convocato dovrà mettere soltanto una firma per chiudere la sua pratica. Il resto dei reclusi lascerà il St. Pierre ai primi di dicembre. È la fine dell’epopea. Hanno trascorso 101 giorni in galera verranno imbarcati su una nave alleata e trasportati a Napoli. Gli ufficiali saranno interrogati da una commissione di inchiesta, che incomprensibilmente giudicherà negativo il loro operato.

Negli ambienti marittimi si disse: «cornuti e mazziati». Questa cronistoria è desunta dagli appunti stilati dal direttore di macchina Mario Tonon.
A fine guerra la motonave Pascoli fu recuperata e ceduta alla Jugoslavia a compenso dei danni subiti.

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