LA TESTIMONIANZA

Quando nel 1966 entrai in Alitalia quale «Ramp Agent», ovvero agente di rampa, mi considerai più fortunato di altri miei colleghi che presero servizio in biglietteria o in altri uffici amministrativi, in quanto la mia funzione era quella di preparare i piani di carico e bilanciamento degli aeromobili, essendo anche il responsabile di tutte le operazioni di carico e allestimento (tranne quelle tecniche) di un aeromobile in partenza. Praticamente ero una specie di capo stazione col cappello rosso, il «Red Hat», che ha in consegna un velivolo fin tanto che non fa firmare il piano di carico del volo al comandante, il quale ne diventa responsabile solo dopo aver firmato quel documento.
Rammento questo in quanto il lavoro che svolgevo era ed è come un imbuto nel quale passano tutte le attività organizzative necessarie far partire un volo in orario, carico di merce, posta, passeggeri, allestito con il catering e rifornito di carburante, nonché le attività indispensabili per coordinare le necessità del personale di volo, dei tecnici e degli operai addetti al carico. E nel momento fatidico dello sblocco, quello in cui vengono tolti i blocchi sotto il ruotino, c’è la sintesi di tutto il lavoro di migliaia di persone sparse in tutto il mondo che lavorano dietro le quinte, affinché le rispettive attività di studio, programmazione, addestramento, previsione, di contatti umani, di rapporti commerciali, di vendita del prodotto, di aggiornamenti tecnologici e di mille altre attività siano finalizzate nell’atto della messa in moto dei motori di un aereo pieno di carico pagante. Queste attività, tra l’altro, investono e attivano una immensa varietà di rapporti con altri lavoratori non aeronautici, innescando un indotto nel quale è coinvolto un numero di aziende inimmaginabile persino a gente del mestiere.
Mi ricordo che quando un aeromobile si muoveva dal parcheggio e, con il pollice innalzato al cielo, salutavo il comandante che dal finestrino rispondeva con un «ok», sentivo che un pezzo d’Italia si muoveva verso il mondo.


Una volta, quando gli aerei Alitalia avevano il tricolore sulla coda al posto dell’attuale «A», una passeggera anziana, molto infastidita per l’enorme ritardo del volo, mi confessò in napoletano indicando la coda tricolore: «Figlio se io continuo a volà con l’Alitalia è perché là ’ncoppa ce sta quella bandiera così che quando io, a Nuova York, salgo su quest’aereo, io songo già in Italia!».
Questo, per rispondere a qualche lettore che domandava perché l’Alitalia deve essere sempre la compagnia di bandiera italiana.

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