Bologna - A Tommy, che oggi avrebbe 29 mesi, spetta l'unico ruolo certo nella terribile vicenda iniziata poco più di un anno fa, il 2 marzo 2006 a Casalbaroncolo, periferia di Parma. Perché lui, Tommaso Onofri, piccola grande anima, in questa storia più buia della notte in cui scomparve da questo brutto mondo dei grandi, è il solo innocente. Ma se un sicuro colpevole della sua atroce morte ancora non c'è, non mancano certo i sospetti. Quelli che ieri lo zio di Tommy, Cesare Fontanesi, ha definito «delle gran brutte persone». Ovvero Mario Alessi, il muratore che ammette il sequestro e l'impietosa sepoltura lungo l'argine dell'Enza, ma che nega di aver commesso il delitto; il suo sodale, Salvatore Raimondi, un balordo che ora punta il dito contro l'ex «socio»; la compagna di Alessi, Antonella Conserva; e infine Pasquale Barbera, il capomastro amico degli Onofri che, secondo l'accusa, avrebbe informato i complici di favolistiche ricchezze della famiglia del bimbo.
Ieri, i sospetti sono comparsi a Bologna, davanti al Gup Rita Zaccariello, per l'udienza preliminare. Alessi (che si è beccato un sonoro «Muori, maiale!» da uno dei rari passanti), la sua donna e Raimondi sono arrivati in manette, su tre cellulari; Barbera, unico a piede libero, con i propri mezzi. E se dal chiuso dell'aula sono poi trapelate solo schegge di verità, all'esterno sono volati gli stracci. Per non chiamarli con il loro nome: schizzi maleodoranti, che finiscono dove capita. O forse proprio là dove si vuole.
«Mio figlio mi ha raccontato che Alessi gli aveva promesso un milione di euro, e che il padre del bambino era d'accordo», sibila ai cronisti Calogero Raimondi, padre di Salvatore, rovesciando su papà Onofri un'infamante accusa che più tardi ridimensionerà con i magistrati, definendola una sua deduzione. «So quello che mio figlio ha detto a me, e mi ha detto che non l'ha ucciso. Sono un padre e lo difendo fino alla morte. Ma non lo perdono. Se ha sbagliato è giusto che paghi». Quasi a rispondergli, indirettamente, è il legale di Alessi, Laura Ferraboschi, che adombra l'esistenza di un misterioso testimone chiave. «C'è, e ne ho fatto nome, cognome e indirizzo - garantisce - anche se oggi non ho intenzione di parlarne. Perché se è importante per la difesa - spiega non troppo sibillina - per un coimputato potrebbe essere un testimone da distruggere».
Nega invece il legale di Barbera, Alessandro Conti, che il rapimento possa essere stato una vendetta contro il papà di Tommy, raggiunto nell'aprile scorso da un altro schizzo di fango lanciatogli da Alessi parlando di presunte molestie subite dalla figlia minorenne del capomastro. Quanto poi a pensare «che una persona come Barbera sia la mente di un sequestro - chiosa l'avvocato, ben poco lusinghiero per l'assistito - è irragionevole e offensivo per delle menti normali».
Così, tra uno straccio e l'altro, la giornata si è trascinata in attesa delle decisioni del Gup. Che in serata ha accolto la richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bologna di sentire Raimondi in un incidente probatorio il 19 marzo prossimo (il 20 proseguirà l'udienza preliminare).
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