Tornano i riflettori su Unipol e il risiko della finanza rossa

Le intercettazioni dei politici sull’inchiesta Bnl sono un’incognita che pesa non solo sulla Quercia

Tornano i riflettori su Unipol e il risiko della finanza rossa

Roma - Il caso Visco non è solo un fatto politico. Le «pressioni indebite» del viceministro dell’Economia allo scopo di rimuovere i vertici lombardi della Finanza che indagavano sulla scalata di Unipol a Bnl hanno fatto tornare sotto i riflettori la compagnia assicurativa delle Coop rosse. Anche se su piani diversi tanto l’esponente diessino quanto il gruppo finanziario emiliano si trovano a un bivio.
Visco. Martedì prossimo la conferenza dei capigruppo del Senato calendarizzerà la mozione della Cdl che chiede la revoca delle deleghe del potente viceministro. A meno di soluzioni-tampone, come una remissione di Visco della sola supervisione sulle Fiamme gialle, si potrebbe aprire un vero e proprio «processo» al titolare delle Finanze. Con una conseguente pubblicità di tutti gli atti, amministrativi e no, che hanno riguardato il Corpo guidato da Roberto Speciale. L’esigua maggioranza nella Camera alta non consente previsioni. A metà giugno, poi, sono attese alla Giunta per le autorizzazioni della Camera le intercettazioni raccolte nell’ambito delle inchieste Antonveneta e Bnl e riguardanti parlamentari di entrambi i poli. Senza contare il fascicolo aperto dalla Procura di Roma nel quale si ipotizza un abuso d’ufficio.
Unipol. La forzosa uscita di scena dell’ingegner Giovanni Consorte e del suo vice Ivano Sacchetti, in seguito ai risvolti giudiziari dell’Opa su Bnl, ha determinato un cambiamento di guida nella compagnia bolognese. Da una parte la continuità con la presidenza di Pierluigi Stefanini, lunga militanza Coop. Dall’altra parte, la chiamata in qualità di amministratore delegato di Carlo Salvatori, banchiere cattolico di simpatie Dl e già in Banca Intesa con Giovanni Bazoli e in Banca di Roma con Cesare Geronzi. Vista dall’esterno, sembrerebbe una gerarchia da Partito democratico. Ma non è così: la prima opera di Salvatori è stata quella di tagliare i ponti con il passato «consortiano». Consegnata ai francesi di Bnp Paribas la maggioranza relativa di Bnl e ceduta la partecipazione in Bpi, il lavoro si è concentrato sulla riorganizzazione del gruppo. Unipol attualmente è una holding che gestisce i due core business: l’attività assicurativa e quella bancaria. Una conglomerata che siede su una liquidità di 1,5 miliardi di euro (2,3 miliardi le riserve di capitale).
L’enigma senese. Una società quotata non può dormire sugli allori: il «tesoretto» di Unipol deve essere speso o restituendolo agli azionisti sotto forma di extra-dividendo oppure investendolo nello sviluppo. Il gruppo è il quarto operatore assicurativo italiano, mentre dopo il fallito attacco all’istituto di credito romano, Unipol Banca è rimasta sola con i suoi 300 sportelli. Ma dopo Intesa-Sanpaolo e Unicredit-Capitalia la strada del risiko si è fatta più difficile. Estromessa dalla partita Bpm-Bper, in difficoltà nell’avvicinare le Casse rurali, anche con il socio storico Monte dei Paschi la sintonia non è più la stessa. La banca senese, anch’essa vicina ai Ds, non ha gradito la «terzietà» di Unipol nella partita Hopa: la finanziaria bresciana che doveva sposarsi con la bazoliana Mittel e che invece si integrerà con la vicentina Palladio.

Mps, pur rinnovando il patto in Holmo (la prima holding del sistema Unipol), ha allentato i legami con Bologna cedendo alle Coop una quota di Finsoe (azionista di maggioranza di Unipol) e disdettando un accordo di bancassicurazione. I progetti ora sembrano volgere verso l’estero. Ma Bologna è più vicina a Siena di Madrid. E di sicuro il Botteghino vorrà avere voce in capitolo.

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