Gent.mo dott. Granzotto, sono un assiduo lettore del vostro giornale da anni e sono un cittadino di Torre del Greco. Sono rimasto molto amareggiato dalla Sua risposta al Sig. Mauro della Porta Raffo alla sua e-mail del 30 dicembre u.s. (Napoli smaltisca anche la munnezza amministrativa) pur condividendo quasi appieno sia la lettera che la risposta. Ma accostare la mia città allo scempio di Napoli non è corretto. Il nostro Sindaco si sta dando da fare sul problema munnezza. La invito a visitare la mia città così da rendersi conto che siamo una delle pochissime città della provincia partenopea che non ha problemi di munnezza. In futuro le consiglio di documentarsi prima di screditare.
e-mail
Veramente, caro Petrucci, nella scandalosa gestione del servizio di nettezza urbana non ho mai accumunato Torre del Greco a Napoli. Rispondendo a Mauro della Porta Raffo ho solo ricordato, deprecandolo, che anche la città corallina, 90 mila abitanti, è dotata di city manager. Chiedendomi a cosa serva un sindaco se poi a gestire il Comune è un ben retribuito professionista ingaggiato alluopo. Tutto qui. Sappiamo bene che a Torre del Greco non giacciono in strada le montagne di munnezza che al contrario scempiano quelle di Napoli. Sappiamo bene che pur limitata al 30 per cento dellinsieme dei rifiuti urbani, da voi è attiva la raccolta differenziata. Sappiamo bene, insomma, che il vostro sindaco è di altra pasta. Non certo quella duna Iervolino, capace solo di squittire, avanzar scuse, pretesti e forze maggiori per giustificare la propria inadeguatezza a coprire il ruolo di prima cittadina. Qualcosa so di Ciro Borriello, sindaco di Torre del Greco, caro Petrucci, perché a differenza di quanto lei creda nel mio piccolo cerco di tenermi informato. Avremo la conferma col tempo, ma al momento Borriello sembrerebbe smentire la iattura che incombe sui meridionali e cioè essere traditi dai vostri politici e amministratori. Storia vecchia. Quando contava, quandera anche classe dirigente, vi tradì la casta militare vendendosi a Garibaldi e al Piemonte. E dico vendendosi non in senso metaforico, ma letterale: disertò i propri doveri - salvo, ben inteso, le solite poche e nobili eccezioni - in cambio di oro o lequivalente in poltrone o danaro contante. Un eroe della vulgata, mi riferisco allammiraglio Caracciolo, tradì platealmente la bandiera alla quale aveva giurato fedeltà passando dalla parte dei francesi e dei giacobini, al tempo della gloriosa repubblica partenopea. Finì male, e sì che Ferdinando II laveva messo in guardia: «Guardateve o collo, Carà...». Tradì, a quel tempo, la società civile, i soliti intellettuali e anche se mezze calzette come la celebrata Fonseca Pimentel, passando dalla parte dellinvasore e trattando da lazzari i napoletani dellinsorgenza. Tradirono i politici negli anni cruciali dellepopea unitaria: un nome per tutti, don Liborio Romano. Tradirono perfino alti membri della Casa Borbone, figuriamoci. Ma quella era gente che almeno il popolo non aveva scelto a rappresentarla. Quella di oggi, al contrario, la scegliete e la eleggete voi, mandandola chi in Parlamento, chi nelle amministrazioni locali. E lunica cosa che ha saputo e sa fare è di tener aperta la piaga della questione meridionale.
Paolo Granzotto
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