«Trasformerò gli ex scali ferroviari in appartamenti ecosostenibili»

G li parliamo mentre è in macchina, immerso nel traffico milanese del tardo pomeriggio. Il peggiore. Ma lui, nonostante sia abituato alle grandi metropoli, ne rimane impressionato. Il tema dell’ambiente è una sua priorità, ma anche un problema che l’umanità non può permettersi di rimandare oltre... Mario Cucinella è fresco di premi. Non solo, è il primo architetto italiano ad aver vinto, a Cannes, il Mipim Architectural Review Future projects awards 2009 nella categoria Green building con il suo Centre for sustainable energy technologies di Ningbo in Cina. Premio cui si aggiungono i riconoscimenti per il progetto «100 k» nella categoria Residential e quello per la sede dell’Arpa di Ferrara nella categoria sustainability.
Architetto Cucinella ieri ha incontrato l’assessore allo Sviluppo del territorio Carlo Masseroli...
«Ho proposto all’assessore di inserire nelle aree che sorgeranno sugli ex scali ferroviari dismessi, che a breve saranno riqualificati, una quarantina di alloggi 100 k in via sperimentale. Si tratta di case di 100mq a basso costo e, soprattutto, a zero emissioni di CO2, rientrano nelle cosiddetta classe A: consumano, cioè, meno di 35kw al metro quadro l’anno».
Che caratteristiche hanno?

«Si tratta di prefabbricati, in realtà una serie di loft sovrapposti, edificabili in 8 mesi a soli 100mila euro di costo totali. Penso che sia arrivato il momento, per la politica, di mettere tutti i cittadini in grado di comprare una casa. È ora di calmierare i prezzi delle case e dei terreni. Qui sta il senso del mio progetto 100k, case accessibili a tutti, nel rispetto dell’ambiente».
Come producono energia?
«Le case, dotate di pannelli fotovoltaici (35mq ad alloggio) garantiscono la copertura dei consumi energetici dell’edificio, alimentando al tempo stesso l’impianto a pompa di calore geotermica. Grazie a terrazze e a tetti-giardino si favorisce il controllo del microclima esterno e si contribuisce al raffreddamento passivo. Non solo, le tubature inserite nel terreno garantiscono la temperatura dell’acqua di riscaldamento e raffreddamento costante».
Dal punto di vista strettamente architettonico come si caratterizzano queste case?
«Il fatto che siano dei prefabbricati non deve ingannare: sono loft in cemento rivestiti di pannelli colorati. La casa è personalizzabile: al di là degli impianti, del bagno e della cucina, la divisione interna degli locali è a discrezione dell’acquirente, che potrà decidere se preferisce avere un open space, il terrazzo o la veranda e così via. Da una ricerca sociologica recente, infatti, emerge che, a seconda degli stili di vita, le famiglie preferiscono un appartamento "aperto" o "chiuso"».
Nel giro di qualche anno, Milano cambierà il suo volto. In gran parte per mano di architetti stranieri...
«Questo problema ha radici profonde. La politica italiana non ha creato opportunità per far crescere grandi architetti né per farli emergere. Solo negli ultimi dieci anni, invece, si è finalmente capito anche da noi che l’architettura è un mezzo di comunicazione».
Entro il 2015 Milano avrà una decina di grattacieli, cosa ne pensa?
«Penso che più che fare polemica "grattacielo sì, grattacielo no", bisognerebbe pensare a come sono strutturate le nostre città e l’organizzazione dello spazio sociale e pubblico. Milano è bella perché è densa. Non ha quindi senso fare grattacieli, importando modelli americani, solo perché sono più visibili, sacrificando l’architettura tipica della nostra città».
Masseroli replica che i grattacieli liberano spazio per il verde...
«Il vuoto in una città è altrettanto necessario del pieno, per così dire. Gli spazi aperti sono fondamentali per la sopravvivenza di quelli chiusi. Ecco allora che è profondamente diverso avere un parco rispetto a tanti punti verde, a tanti giardini. Il futuro della città è costruire il più possibile vicino, quindi avere una città densa, completando gli spazi vuoti. Così si riduce anche il trasporto su gomma. Ecco allora che la chiave di volta è la mobilità alternativa. Come è stato fatto a Lione: bike sharing e contemporaneamente piste ciclabili. Le persone reagiscono sempre positivamente a queste innovazioni. Lo stesso discorso vale per le isole pedonali: una volta che i cittadini hanno scoperto quanto è piacevole passeggiare per strada senza traffico, non vogliono tornare più indietro. Parlare di urbanistica, ormai, equivale a parlare di ambiente. Non si può più fare finta di nulla».
In che senso?
«Ci sono dei temi che prima o poi dovranno necessariamente essere affrontati: l’aria che respiriamo non ha colore politico, come non hanno colore politico i 4 miliardi di euro di multa che l’Italia dovrà pagare nel 2012 se non raggiungerà gli obiettivi di Tokyo. Invece che spenderli in multe, non sarebbe meglio investirli in progetti sostenibili? All’inquinamento atmosferico si sovrappone l’inquinamento acustico. Progetti di mobilità sostenibile, ovvero le piste ciclabili, risolverebbero entrambi i problemi.
Cosa ne pensa dell’Expo?
«Intanto non ho capito se si farà oppure no, mi sembra che si sia perso un altro anno.

È vero però che le esposizioni universali sono dei volani per l’economia, soprattutto quando portano infrastrutture. Ma è vero anche che non è possibile che Milano debba aspettare l’Expo per avere una nuova metropolitana. Sarebbe bene, però, pensando all’ambiente che i padiglioni fossero per esempio, di materiale biodegradabile».

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