Ruggero Guarini
Gli scontri in Val di Susa mi hanno riportato alla memoria questi sublimi frammenti di scienza ferroviaria: «Un treno che viaggia a 300 km allora impiega metà tempo di uno che procede a 150 km orari a percorrere lo stesso tragitto»; «Il beneficio dellalta velocità è la velocità»; «La velocità consente di risparmiare tempo»; «Quattro corsie, o binari, consentono più scorrevolezza di due o una»: «Il posizionamento frontale dei seggiolini facilita la socializzazione»; «Occorre verificare se le edicole dei giornali nelle stazioni ferroviarie sia preferibile installarle dentro o fuori ledificio»...
Di chi sono queste frasi? Sono del professor Romano Prodi. Che oggi soffia sul fuoco della guerriglia anti-Tav. Ma che allincirca quindici anni fa le infilò quelle frasette, e tantissime altre simili, in quello che resta, e presumibilmente resterà per sempre, lespressione più abbagliante del suo genio di scopritore dellacqua calda, nonché della sua passione di paladino del progresso ferroviario, ma soprattutto del suo talento di produttore, a spese dello Stato, di opere scientifiche non meno voluminose che squisitamente superflue.
Mi riferisco naturalmente alle cinquemilacinquecento pagine, suddivise in 39 fascicoli, della celebre ricerca sui vantaggi dellintroduzione dei Tav (Treni ad Alta Velocità) che nel 1989 fu commissionata dalle Ferrovie dello Stato a una famosa creatura del professor Prodi: la società di consulenza, da lui fondata e denominata Nomisma, sotto lala protettrice del banchiere rosso Nerio Nesi, con capitale iniziale di 500 milioni di vecchie lire, di cui però solo 5 versati da Prodi, giacché gli altri ce li mise la Banca nazionale del lavoro, di cui Nesi era allora presidente.
I pochi che le lessero, a suo tempo, assicurarono che quelle cinquemilacinquecento pagine, brulicanti di frasette come quelle appena citate, costituivano un pietra miliare nella storia della ricerca socio-ecomomica sul campo ferroviario. Fra quei pochi figurava anche, naturalmente, il dottor Lorenzo Necci, che essendo allepoca amministratore delegato Ferrovie dello Stato, poté vantarsi di essere anche il vero committente di quella bidonata. Cè tuttavia chi sussurra che quel capolavoro non lo lesse neanche lui, che le aveva ordinate e pagate. Tutte le copie dei 39 fascicoli di cui esso consta, quando la magistratura volle prenderne visione, furono infatti trovate, intonse e ancora avvolte nella plastica in cui erano state impacchettate ai tempi della consegna effettuata dai corrieri del professore.
Non è, come si vede, la bicicletta, e nemmeno il torpedone, il mezzo di trasporto che simboleggia meglio la furiosa vocazione progressista di questo giulivo maestro del Nulla. È quel treno che da sempre occupa i suoi sogni. E in cui oggi vede lultima trincea di quella guerriglia permanente con cui la sinistra cattocomunista, non potendo più mirare alla conquista del potere, si accontenta di produrre sempre e soltanto effetti di anarchia e di caos.
Questo non deve però stupire.
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