Turchia, le accuse di razzismo sono strumentali

Alberto Indelicato

Sul problema del testo del documento che dovrebbe indicare i princìpi e le procedure del negoziato tra l’Unione Europea e la Turchia si è avuto anche un dibattito in seno al Parlamento europeo. Malgrado le ripetute e sbandierate dichiarazioni delle classi politiche sulla centralità di quest’organo, che dovrebbe fornire almeno una vernice di democraticità all'Unione Europea, pochi hanno saputo quali sono state le conclusioni di quelle discussioni. Di esse peraltro né i governi né la commissione europea hanno ritenuto di dover tener conto. Si capisce facilmente il perché di questo silenzio: i rappresentanti del popolo europeo avrebbero voluto che si adottasse la formula proposta dal governo austriaco secondo il quale, nel caso in cui i Venticinque non avessero ritenute soddisfatte le condizioni a suo tempo formalmente poste al governo turco per un'adesione piena, essi avrebbero dovuto offrire ad Ankara un «partenariato privilegiato».
C’è pure un’altra ragione per cui l’opinione pubblica europea dovrebbe rammaricarsi di essere rimasta all’oscuro del dibattito. In esso infatti non sono mancate affermazioni che la dicono lunga sulla preparazione e sulla chiarezza d'idee di coloro che dovrebbero rappresentarla. Basti un solo esempio: nel difendere la tesi dell'accettazione senza condizioni e senza indugi nell'Unione Europea, Daniel Cohn Bendit, deputato verde tedesco, ha affermato che coloro che si oppongono a quell'ingresso perché la Turchia è islamica «cavalcano l'onda del razzismo». Bella metafora sportivo-nautica che però dimostra una singolare ignoranza del significato delle parole. Bisogna riconoscere che l'ex-eroe del maggio sessantotto francese non è il solo a parlare a vanvera di razzismo. Sembrerebbe naturale chiedergli se crede veramente che esista una «razza islamica». Ma Cohn Bendit sa benissimo che la razza non c'entra per nulla, sa anche però - come molti altri - che la parola «razzismo», usata a ragione o a torto, è utilissima per intimidire gli interlocutori. Pur di non essere sospettati di tale crimine, sia pure a torto, si ritiene che molti per evitare una riprovazione generale esiterebbero ad insistere nell’esprimere loro idee. Alcuni anni addietro per criticare il comune di Parigi, che aveva deciso di chiudere la sera i cancelli del «Jardin du Luxembourg» divenuto luogo di convegni notturni di drogati e prostitute, un uomo politico francese aveva accusato il sindaco di «razzismo antigiovani». Non bastava dire che il sindaco era contro i giovani e contro le loro abitudini tossiche e sessuali? No, il termine razzismo era ed è indispensabile per accrescere l'odiosità dell'avversario politico.

A dire il vero, non solo i politici ma anche dei magistrati, francesi e svizzeri in particolare come è avvenuto nel caso della Fallaci e di Houllebecq, hanno volutamente confuso una religione o una cultura con una razza. C'è - come diceva Einstein - una sola razza, la razza umana, ma non si può dire che ci sia una sola cultura o che tutte le culture siano uguali e tutte reciprocamente compatibili.

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