Tutti i cine-sprechi: i film desaparecidos finanziati dallo Stato

Un libro di Cinecittà Holding riapre il delicato capitolo delle pellicole sovvenzionate come «articolo 28» tra il 1966 e il ’94

Michele Anselmi

da Roma

D'accordo, Notte prima degli esami è un caso virtuoso. Finanziato dallo Stato per 800mila euro, l'amabile esordio di Brizzi ha raggiunto al box-office quota 7 milioni e mezzo, e non è finita. Ma, appunto, è raro che vada così bene. Basta dare, in materia di finanziamenti al cinema «di interesse culturale nazionale», uno sguardo all'ultimo decennio: tranne lodevoli eccezioni, non si contano sprechi, favoritismi e furbizie. Non che prima del 1994, quando venne ritoccata la legge, le cose andassero meglio. Anzi. Un volume di seicento pagine edito da Cinecittà Holding rifà ora la storia del mitico/famigerato Articolo 28, ovvero di tutti quei film «ispirati a finalità artistiche e culturali» che, tra il 1966 e il '94, vennero finanziati dallo Stato in base a una formula produttiva di tipo cooperativistico. Ricordate? Lo Stato, attraverso una apposita sezione creditizia della Bnl, contribuiva alla fattura di quei film con prestiti pari al 30 per cento «del costo di produzione accertato». Solo che negli anni il sistema degenerò: sicché produttori scaltri o disinvolti riuscirono a lucrare su quelle somme pubbliche, specie sul versante delle opere prime. Risultato? Il laboratorio di ricerca e sperimentazione voluto dai padri della legge 1213 - al quale pure attinsero il Bertolucci di Partner, il Salvatores di Marrakech Express, l'Archibugi di Mignon è partita, il Rubini di La stazione, per dirne alcuni bravi - si trasformò via via in una classica storia all'italiana: fatta di mutui mai estinti, di diritti smarriti, di film mai usciti, di cortesie politiche, di fatture balorde.
Alcuni dati, per dare l'idea della posta in gioco. Dei 484 titoli censiti (di altri 24 non risultano addirittura «evidenze»), solo 44 appaiono in regola, nel senso che i produttori, alla scadenza, hanno restituito «con mezzi propri» le somme ricevute. Tra questi, Allonsanfan dei Taviani, Ecce bombo di Moretti, Una gita scolastica di Avati. E gli altri? Be', 346, non potendo saldare il debito grazie ai magri incassi e alla scarsa solvibilità dei produttori, sono stati acquisiti dallo Stato. Il quale, pur entrando materialmente in possesso dei negativi, nella maggior parte dei casi non ha saputo trarne profitti; anche perché nel frattempo molti di quei produttori insolventi continuavano a venderne i diritti per usi televisivi.
Per recuperare risorse, era nata Cinecittà Diritti, pilotata dall'avvocato Michele Lo Foco, che ha organizzato la ricerca. Ma nel frattempo sono cambiati i vertici di Cinecittà Holding, la società è stata riassorbita e il librone in questione giace in qualche stanza da dicembre, stampato in 2000 copie, mai presentato alla stampa. Peccato, perché lo stesso direttore generale di Cinecittà Holding, Alessandro Usai, ne parla nella prefazione come «di un volume in qualche modo rivoluzionario, sebbene semplice ed essenziale, che consente una ricognizione informativa finalmente completa sulle sorti dei film finanziati dallo Stato». Sorti strane, invero. Lo Foco sostiene che almeno 3 milioni e mezzo di euro potrebbero essere recuperati in forma di diritti da quella massa di film rimasti in una sorta di purgatorio informativo dopo indagini e rinvii a giudizio. Naturalmente è facile ironizzare sul terrificante Cattive ragazze girato nel 1992 da Marina Ripa di Meana, uno stracult in stile Marco Giusti; o su titoli sconosciuti anche ai più incalliti filmofagi come Gli argonauti del Pacifico e Il dottor Follia di Giampaolo Santini, destinatario di ben 7 finanziamenti. Però poi scopri che 84 di quei film «non risultano distribuiti» in nessun modo, che 12 vengono considerate dalla Bnl «operazione passata a perdite», che 13 «risultano essere stati alienati direttamente da Bnl a terzi acquirenti», che ben 198 «risultano trasmessi nelle tv free», presumibilmente senza proventi per lo Stato.


Gaetano Blandini, responsabile della Direzione cinema al ministero, nota ragionevolmente a pagina 9 che «l'ottimismo dei padri dell'Articolo 28 ha dovuto fare i conti in seguito con una cultura dell'assistenzialismo difficile da sconfiggere». Anche per questo il volume, comunque si giudichi la formulazione delle voci, merita attenzione. A quando una presentazione ufficiale?

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