Unicredit, fondazioni ancora in trincea per la «Banca Unica»

Chissà se qualche grande azionista di Unicredit è riuscito a rovinare la festa ad Alessandro Profumo, che da tempo aspettava la serata di oggi per andare a Stamford Bridge a vedere la sua Inter contro il Chelsea, ottavi di finale storici per la squadra nerazzurra, che non vince una Coppa dei Campioni da quando Profumo aveva 8 anni, nel lontano 1965. Di certo ci provano, perché il consiglio convocato per oggi pomeriggio a Milano per le 14.30 non sarà una passeggiata: a quanto pare l’amministratore delegato di Unicredit dovrà confrontarsi con molti consiglieri, espressione di alcune grandi fondazioni azioniste, scontenti del suo operato, soprattutto sul progetto della «Banca Unica». Al punto che qualcuno, in particolare il sito Dagospia, ieri è arrivato a ipotizzare addirittura una rottura, con le dimissioni di Profumo e la guida operativa assegnata al presidente Dieter Rampl insieme ai 4 vice ad. Si vedrà. Di sicuro arrivare in tempo allo stadio del Chelsea sembra a questo punto impresa difficile.
Era tutto calcolato perché per domani a Londra, ore 9.30, è in programma la presentazione dei dati di bilancio 2009, quelli che appunto deve approvare il cda di oggi, e che verranno diffusi al mercato alle 7.30 di domattina. Ma il consiglio deve anche approvare il progetto One4C, più comunemente la Banca Unica, la ricetta di Profumo per l’Unicredit del dopo-crisi: la sparizione delle attuali tre banche, una per il corporate, una per il retail e una per il private banking, da fondersi insieme nella holding, in modo da avere una sola banca con tre macro divisioni specializzate. Un progetto che sembrava aver ottenuto il via libera dei grandi soci nei mesi scorsi, insieme all’aumento di capitale da 4 miliardi sottoscritto da tutti. Ma evidentemente non era così. E nel comitato strategico della scorsa settimana sarebbero emersi i mal di pancia delle fondazioni, guidate da Cariverona (primo socio con il 4,9%), e Carimonte (3,1%). Anche Luigi Maramotti, socio e consigliere, avrebbe espresso perplessità in linea con i due enti. Meno critica, invece, la Crt (3,3%), fondazione vicina al vicepresidente Fabrizio Palenzona, che punterebbe infatti a mediare. Ma i mal di pancia della scorsa settimana si sono trasformati in qualcosa di più, al punto da minare l’assetto stesso della banca e i suoi programmi proprio alla vigilia di un appuntamento così importante. Non a caso si è tenuta ieri mattina una riunione informale nella sede di Piazza Cordusio tra Profumo e i principali azionisti della banca, con il presidente della fondazione Cariverona, Paolo Biasi e Palenzona. Sul tavolo l’assetto degli organi di governo della nuova superbanca e, in particolare, sia i rapporti tra Profumo, i suoi tre vice e i nuovi capi divisione sia le deleghe.
Andare allo scontro in consiglio appare però una strada troppo pericolosa. Fonti stesse della banca parlano di «dialettica aperta ma nessun ultimatum». Più ragionevole pensare a un confronto serrato che verrà poi affrontato in seguito. Già questa mattina il cda sarà preceduto da una riunione del comitato strategico dove Rampl cercherà di ricomporre la frattura. Ma certo il fatto che le tre banche attuali spariscano per confluire nella holding crea più malcontento nelle città come Bologna e Verona dove, fino a oggi, avevano sede il retail e il private banking. Una questione di potere e territorio che da sempre crea tensione nelle grandi banche nate dalle fusioni degli ultimi 15 anni.

Allora la questione sollevata ieri sera come un fulmine a ciel sereno potrebbe essere un avvertimento a Profumo per gestire questa prossima fase con maggiore disponibilità e apertura alle istanze dei vari territori. Anche perché il manager non è più forte come un tempo, con un titolo in Borsa inchiodato intorno ai 2 euro e una capitalizzazione che è un terzo di quella dei tempi dell’acquisizione di Capitalia di 3 anni fa.

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