Unicredit, fondazioni con Rampl In vista un rimpasto dei manager

Federico Ghizzoni deve «sintonizzare» il nuovo piano industriale e la macchina organizzativa di Unicredit ai dettami della Banca Unica. Il futuro di Piazza Cordusio è passato ieri al vaglio delle grandi fondazioni azioniste, riunite dal presidente Dieter Rampl in vista del consiglio di amministrazione che il 14 dicembre dovrebbe approvare il primo piano del dopo Profumo. Il 3 dicembre sono invece attesi i comitati. Da pesare c’era in primo luogo l’equilibrio strategico tra la forza della banca commerciale, cara agli Enti in nome della vicinanza al territorio, e il «corporate» difeso da Rampl per il contributo che assicura sul fronte dei risultati.
Al termine del summit, durato due ore, le fondazioni ha fatto muro attorno a Rampl rafforzando l’armistizio raggiunto nelle scorse settimane: l’incontro è andato «benissimo», ha detto il presidente della Fondazione Crt, Andrea Comba seguito da Giovanni Puglisi del Banco di Sicilia. Erano riuniti in Piazza Cordusio anche il numero uno di Cariverona, Paolo Biasi e di Cassamarca, Dino De Poli, ma a dare la linea era già stato in mattinata il segretario generale di Crt, Angelo Miglietta, definendo Rampl un pilastro «insostituibile» per Unicredit. Possibile, poi, che Ghizzoni predisponga una revisione delle province estere, ritirandosi da quelle meno profittevoli.
Il banchiere dovrebbe mettere ordine anche nella complessa struttura organizzativa di Unicredit, eliminando eventuali ridondanze tra le funzioni accentrate nella holding creata con il Bancone e la periferia. Il faro dell’azione di efficientamento sarebbe puntato, in particolare su tre caselle: le «risorse umane» guidate da Rino Piazzolla, l’area «legale» di Nadine Faruque e la «corporate identity» che accentra su Antonella Massari un’enorme gamma di competenze. Una partita, quelle dei manager e dei ruoli, cara anche alle Fondazioni che ieri lasciavano filtrare la richiesta che i principi della Banca Unica, e quindi le esigenze del territorio, vengano travasati nel piano industriale. Il gradimento degli Enti al nuovo corso è una variabile importante per Ghizzoni, anche per fare digerire ai grandi soci un dividendo che si preannuncia ancora magro: gli analisti stimano una cedola pari a quattro centesimi per azione, a fronte di un utile consolidato di 1,4 miliardi a fine anno. La «parsimonia» è necessaria anche per trattenere capitale in vista di Basilea 3: la stretta patrimoniale potrebbe costare a Piazza Cordusio almeno un punto di Core Tier One (oggi all’8,6%). A patto che l’Europa non iscriva Unicredit nella lista delle banche «a rischio sistema». In quel caso entro il 2018, Piazza Cordusio dovrebbe portare l’asticella core Tier One al 9%. La coesione creatasi attorno a Rampl lascia comunque pensare che il corporate resterà un pilastro forte nel futuro di Unicredit.

E le ultime ipotesi dicono che l’eredità di Sergio Ermotti potrebbe essere raccolta dall’interno dallo stimato direttore finanziario Marina Natale. Mentre il candidato esterno di cui si parla è l’ex di Goldman Sachs, Massimo Tononi.

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