È l’inizio del ripiegamento: «Sarà concluso entro il 22 agosto». No è solo una «messinscena». Punti di vista. Dipende se gli ultimi sviluppi della crisi caucasica si vedano da Mosca o da Tbilisi. Nell’escalation del confronto diplomatico e nell’ambiguità delle azioni sul campo, la giornata di ieri registra alcuni gesti di «buona volontà».
A Gori - città-chiave in Georgia, di fatto occupata dai russi - sembra che qualcosa si sia mosso. Una piccola colonna di mezzi blindati è partita verso l’Ossezia del sud, diretta a Vladikavkaz, nel Caucaso russo. Il capo dell’amministrazione locale, Vladimir Vardzelashvili, conferma che ci sono stati movimenti e che il numero dei soldati in città è diminuito. I check point rimangono, tuttavia, operativi e continuano i pattugliamenti. Gli abitanti raccontano che il livello dei controlli si è molto abbassato e «ora ci muove con meno difficoltà». Iniziano ad arrivare anche gli aiuti umanitari nei vicini villaggi bombardati. Secondo il portavoce del ministro georgiano dell’Interno, però, «si è trattato solo di uno show». Anche dal Pentagono non registrano alcun segnale significativo. E la Casa Bianca denuncia violazioni dei diritti umani.
Il presidente Dmitry Medvedev ha tentato di valorizzare la seppur flebile iniziativa militare di ieri, fornendo l’attesa data del «ritiro». Al telefono con l’omologo francese Nicolas Sarkozy, mediatore per l’Unione Europea, questa volta ha spiegato bene i dettagli del piano. «Una parte delle truppe di interposizione saranno ritirate nella zona di sicurezza temporanea (prevista dagli accordi del 1999, ndr). Il contingente rimanente, usato per rinforzare i peacekeeper, sarà riportato in Ossezia del Sud o in Russia». Quest’ultimo punto contraddice il piano per il cessate-il-fuoco firmato da Medvedev e dal presidente georgiano Mikhail Saakashvili. L’accordo in sei punti prevede il ritiro di tutte le forze alle posizioni occupate il 6 agosto, giorno precedente l’inizio delle ostilità. Condizione, quest’ultima, che anche Tbilisi non ha ancora attuato pienamente.
La tregua, tuttavia, sembra reggere e i due Paesi hanno effettuato a Igoeti il primo scambio di prigionieri di guerra. Da parte georgiana, sono stati consegnati cinque militari. La Russia ha invece restituito 15 militari georgiani di diverso rango. L'operazione è avvenuta sotto la supervisione della Croce Rossa.
Segnali di tono opposto, invece, arrivano dal porto strategico di Poti, sul Mar Nero. Qui i soldati dell’Armata rossa hanno arrestato circa 20 militari georgiani.
Requisiti anche dei blindati Humvee statunitensi. Il vicecomandante dello stato maggiore russo, il generale Anatoli Nogovitsin, ha dichiarato che il suo Paese ha intenzione di rimanere a Poti fino a quando l’amministrazione locale non sarà ripristinata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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