Gli utili calano meno del previsto: Lehman Brothers rialza la testa

Il titolo guadagna il 17%. JP Morgan: le banche Ue svaluteranno ancora

da Milano

La riscossa di ieri a Wall Street è partita proprio dall’epicentro del terremoto, ovvero da quei titoli finanziari bersagliati fino a lunedì dalle vendite, perché considerati ad altissimo rischio. Sono invece bastate due trimestrali con risultati un po’ meno negativi delle attese per ridare slancio all’intero comparto.
A cominciare da quella di Lehman Brothers, che ha registrato un forte calo degli utili (meno 57%), a 489 milioni di dollari, ma comunque inferiore alle stime degli analisti. Ciò ha permesso al titolo di recuperare il 17% dopo che lunedì scorso Lehman era finita nella polvere, con una perdita del 20% (ma durante la seduta aveva ceduto fino al 40%), a causa di voci che davano la banca d’affari in difficoltà. Rumor che, comunque, non si sono interrotti: la Fed di New York, secondo quanto riferito dal Daily Telegraph starebbe contattando alcune banche e istituzioni finanziarie per sostenere il colosso Usa e la sua stabilità finanziaria. Secondo il quotidiano, tra gli istituti interpellati ci sarebbero Goldman Sachs e Morgan Stanley.
Indiscrezioni alle quali il mercato non ha dato peso. Gli investitori hanno preferito concentrarsi sui conti di Goldman Sachs, i cui profitti netti sono scesi del 53% a 1,51 miliardi di dollari, interrompendo un trend di crescita di ben 10 trimestri consecutivi, ma a un ritmo inferiore al consensus degli analisti.
I timori di altri casi come quello di Bear Stearns non si sono comunque dissolti. In base ai calcoli di Wachovia Capital Markets, Merrill Lynch sarebbe il broker più esposto alle obbligazioni cartolarizzate collegate ai mutui subprime, con una cifra pari a 30,4 miliardi di dollari. JP Morgan, la banca che ha rilevato Bear, punta invece il dito verso le banche europee, stimando perdite per il 2008 pari a 27,1 miliardi, da sommare ai 25 miliardi del 2007.

Gli esperti di JP Morgan si aspettano che Ubs quest’anno arrivi a svalutazioni nette per 17,7 miliardi di franchi svizzeri. Stessa tendenza per Crédit Suisse (7,3 miliardi di franchi) e Deutsche Bank (2,9 miliardi di euro).

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