Le immagini parlano chiaro. Virgulti incappucciati dall’aria poco amichevole. Vestiti di nero, in testa hanno il casco d’ordinanza e in mano pietre e buste piene di urina. Qualcuno persino un estintore. Come nel tragico G8 genovese. Sui loro striscioni c’è scritto No Tav, un paravento, merchandising. Per chi ancora avesse dubbi, quel gruppetto immortalato da un poliziotto è arrivato in Val di Susa per fare la guerra e non l’amore. Gli piace così la domenica. Si stanno armando, saranno il braccio armato dei professionisti del No, quelli che il progresso è di destra e gli fa venire il mal di pancia. E, tanto per favorire, ieri l’antipasto romano con gli incappucciati che hanno bloccato la stazione Tiburtina al grido «poliziotti assassini» promettendo barricate e sassaiole in Val di Susa, non ha certo rassicurato.
Domenica tra i manifestanti No Tav della Val di Susa ci saranno molti infiltrati anarchici, molti black bloc. Italiani, naturalmente ma anche qualche amico spagnolo e francese a supporto. Come nel corteo torinese del dicembre 2005. Vogliono una domenica di guerriglia. Così la polizia ha deciso di monitorare la situazione per togliersi d’impaccio dall’equivoco. Sono loro che vogliono il sangue. Nicola Tanzi, segretario generale del Sap, ci spiega: «Abbiamo istituito un servizio di controllo sia per tutelare il personale con un filo diretto con la nostra segreteria nazionale romana, sia per documentare le violenze commesse da una parte dei manifestanti».
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