Altro che ramoscello dulivo, non cè pace nella Fiorentina. Se la squadra gioca a calcio, i suoi dirigenti preferiscono dilettarsi con gli scacchi in una contraddittoria partita che rischia di trasformarsi in un braccio di ferro a tre. Protagonisti Diego Della Valle, i tifosi e Cesare Prandelli. E quanto scaturisce dalla lettera aperta firmata dal presidente onorario e pubblicata sul sito viola alle 16.11 di ieri pomeriggio. Dove lannuncio delle sue dimissioni da patron della società fa da prologo a tutta una serie di considerazioni indirizzate «a tutti quelli che vogliono il bene della Fiorentina». Lindustriale marchigiano sè defilato dopo gli ultimi avvenimenti che hanno visto la città schierarsi compatta al fianco di Prandelli, mai citato nel comunicato, ma presente in molti passi. In altre parole ha detto basta, non ci sto più. Non pensava, Diego, che si arrivasse a questo punto. Era convinto che i tifosi prendessero le distanze dal tecnico in procinto di cambiare aria e di accettare la proposta della Juventus. Di qui la presa di posizione maturata nelle ultime 48 ore. Di qui i riferimenti alla «sottile strumentalizzazione», linvito a «tenere gli occhi aperti» nei confronti di «chi vuole destabilizzare i rapporti fra società e sostenitori» e lesortazione a «sostenere mio fratello Andrea» affinché «rimanga vicino al club con la passione di sempre».
La Fiorentina perde il patron, ma resta saldamente nelle mani della famiglia Della Valle che tuttavia non appare per niente intenzionata a scucire altri soldi per fare più forte e competitiva la squadra. Che la Viola si autofinanzi, insomma, facendo quadrare i conti grazie a qualche cessione eccellente, vedi Vargas piuttosto che Frey o Gilardino. E la seconda volta che la famiglia si allontana da quella creatura acquisita in C2 e portata trionfalmente in Champions League. A settembre il fratello Andrea aveva lasciato la presidenza effettiva con lobiettivo, parzialmente mancato, di lanciare un messaggio alla città dopo la forte contestazione al mercato estivo, fatto di cessioni illustri e di acquisti rimandati a gennaio. Visto come sono andate le cose, la risposta non è stata considerata esaustiva e nemmeno soddisfacente: non ci vuole Einstein per capire come il feeling fra proprietà e tifoseria sia ai minimi storici.
Un risultato però cè stato. Se i Della Valle speravano di stanare Prandelli ci sono riusciti, ma non pensavano che lallenatore si tirasse fuori dalla mischia dopo la denuncia di venerdì scorso («Le parole di Diego suonano come un licenziamento») confermando lintenzione di rimanere a Firenze senza alcuna perplessità e di rispettare così il contratto in scadenza nel giugno 2011. La palla torna ai dirigenti. Del genere: «Se non mi vogliono, lo dicano loro». In mattina sera già fatto sentire il sindaco Renzi: «Seguiamo con preoccupazione levolversi della situazione, ma non vogliamo intrometterci nelle vicende della società.
La partita a scacchi continua, fermo restando che i Della Valle non lasciano, Prandelli idem e la società non è in vendita.
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