Da anni risiedo a Venezia e nello specifico è proprio questo il motivo per cui scrivo. Noto con piacere un'attenzione quasi quotidiana del Giornale ai problemi della città, siano essi culturali o squisitamente strutturali. Ed è proprio in merito ai nodi irrisolti della vita veneziana che vorrei lanciare un appello. La città si sta irrimediabilmente degradando. Con ciò non mi riferisco solamente all'invasione giornaliera di turisti o alle querelle falsamente politiche sulla presunta mostruosità ecologica del Mose, ma a quello spirito irriverente e colto che per secoli ne ha caratterizzato sia i suoi reggenti che i suoi artisti. Sembra che nell'ultimo periodo questo atteggiamento si sia completamente perso e la macchina culturale veneziana non faccia altro che ripensare e riscrivere sé stessa e le sue tradizioni più semplici, quali cucina, libertinismi spiccioli, stupidi risentimenti antinapoleonici, episodi storici triti e ritriti e varie altre sciocchezze.
Ancora più paradossale è che le strutture accademiche assecondino questa deriva lasciando senza diffusione voci dissidenti; e tutto questo mi appare dovuto anche al grosso nepotismo culturale imposto da una sinistra cieca e poco attenta al rinnovamento. Cosa significa quindi essere progressisti?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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