Vescovo pedofilo in fuga Il Vaticano: nessun asilo

Nessuna «assoluzione» dal Vaticano e nemmeno un «asilo diplomatico» nella nunziatura di Bruxelles per l’ex vescovo di Bruges, Roger Vangheluwe, che la «Congregazione per la dottrina e la fede» ha deciso di allontanare dalla diocesi dopo le accuse di pedofilia e le successive ammissioni di colpa del prelato: lo dichiara monsignor Giacinto Berloco, nunzio apostolico in Belgio, in relazione alle voci di una particolare disponibilità della Chiesa ad accogliere «in terreno neutro» Vangheluwe, che si era dimesso dall’incarico nell’aprile dell’anno scorso. In quei giorni, il prelato era stato travolto dalle conseguenze dell’indagine della magistratura belga che aveva evidenziato una serie di abusi sessuali compiuti negli anni Ottanta, fra cui molestie ripetute sul nipote. I reati sono caduti in prescrizione, ma all’allora vescovo, poi dimissionario, era stato prescritto dalla Santa Sede di «intraprendere un periodo di trattamento spirituale e psicologico» lontano dal Belgio. Ed è appunto questo l’ambito nel quale - precisa monsignor Berloco - Vangheluwe è stato «temporaneamente accolto in nunziatura», che è a tutti gli effetti l’ambasciata del Vaticano. Infatti, aggiunge ancora Berloco, «egli non si trova in nunziatura e ha già lasciato da giorni il Belgio». Insomma, la concessione dell’asilo «è un falso. Ho tenuto i contatti con lui, inevitabilmente, e l’ho visto - insiste il nunzio -, ma non è corretta ed è per certi versi ridicola la formula tecnica di una richiesta di asilo. Perché Vangheluwe non è un fuggitivo. Non ho detto e non dirò dove si trova ora. È chiaro, però, che in questi ultimi mesi l’ho visto e ho avuto dei contatti con lui» per le formalità legate alle decisioni della Congregazione. «Dopo le dimissioni - sottolinea ancora il nunzio apostolico - Vangheluwe si è spostato in diverse sedi, in alcune occasioni anche fuori dal Belgio. Anche in questo caso non dirò dove, per non mettere in difficoltà chi l’ha ospitato. Di fatto, ricordiamo che è un cittadino libero».

Monsignor Berloco conclude puntualizzando un aspetto che giudica «essenziale» per comprendere lo sviluppo degli avvenimenti: «Io, in qualità di nunzio, ho sempre saputo dove si trovasse e ho anche seguito la sua vicenda giudiziaria. Ma non sono mai stato un tramite tra lui e la giustizia. Del resto, la giustizia e la polizia erano sempre in contatto diretto con lui, erano informate dei suoi movimenti e sapevano autonomamente dove trovarlo».

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