Percorrendo la Cassia, in un senso o nellaltro, è impossibile non notarla: Villa Manzoni, regale e maestosa, si impone da un poggio e domina lintero quartiere «Tomba di Nerone», circondata da un terreno di nove ettari, verdissimo, ricco di pini, cipressi, olivi e testimonianze archeologiche.
Ma cè un altro ingombrante elemento che è impossibile non notare: il suo cancello corvino, alto, sbarrato, insormontabile. Perché quello che poteva essere un vanto del XX municipio, un parco aperto a tutti e un ufficio di pregio per lex circoscrizione, è invece entrato a far parte del territorio del Kazakhstan, che ha acquistato la villa per trasformarla nella sua sede diplomatica in Italia.
E il merito, o meglio la responsabilità, è tutta dellex sindaco Walter Veltroni e del suo proverbiale buonismo. Lamministrazione di centrosinistra, infatti, non ha esercitato il diritto dopzione che poteva far valere sul complesso, ignorando una delibera della stessa giunta e i fondi che già erano stati stanziati per lacquisto. Il tutto in nome di un pittoresco «protocollo damicizia» con il popolo kazako.
Andiamo con ordine: è da più di un decennio che il consiglio comunale ha in agenda di rilevare lintera area, ceduta nel 1953 dalla famiglia Manzoni (la stessa del noto scrittore) allInpdai, lIstituto nazionale di previdenza dei dirigenti di aziende industriali.
È stata proprio la corsa al rialzo del prezzo da parte dellistituto, che chiedeva 12 miliardi di lire per privarsene, a impedire la conclusione dellaffare, per il quale nel 1998 erano stati stanziati dal Campidoglio 7 miliardi (3 in più rispetto ai 4 inseriti nel bilancio di previsione del 1996).
Nel 2003, con la cartolarizzazione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, si dovette procedere alla vendita allasta. Il Comune di Roma nicchiò e la proprietà, per appena 3 milioni e 330mila euro, circa la metà della richiesta originaria, finì a un gruppo statunitense. Un anno dopo la villa passò di nuovo di mano, al governo del Kazakhstan per lappunto: lallora assessore al Patrimonio Claudio Minelli, dopo aver chiesto di avvalersi del diritto di prelazione di cui lamministrazione dispone per ogni bene vincolato, si «dimenticò» di fornire i documenti per la copertura finanziaria della spesa.
Le ragioni di questa madornale leggerezza sono venuti alla luce solo oggi: «È stato Veltroni che, con un atto di arroganza, ha disposto di non esercitare quel diritto, quale atto di amicizia verso il popolo kazako, in analogia con situazioni simili che hanno interessato le sedi di altri paesi», come denuncia Marco Daniele Clarke, assessore ai Lavori Pubblici del XX municipio.
Si è trattato, dunque, di un regalo in piena regola, un atto di cortesia di cui ora i circa 50mila residenti del quartiere devono pagare le conseguenze. Non è chiaro infatti se il parco verrà aperto o meno al pubblico dallambasciata, nonostante dal «protocollo damicizia» tale soluzione sia prevista. «Di certo - fa notare lassessore - i segnali non sono incoraggianti».
Con una lettera indirizzata pochi giorni fa allo stesso Clarke, lambasciatore ha preso tempo, parlando di «circostanze impreviste che rendono difficile lultimazione dei lavori» e ricordando «i fondi notevoli stanziati dalla Repubblica del Kazakhstan» per la ristrutturazione della villa, lidentificazione e la conservazione dei reperti.
Le conseguenze di queste parole si vedono con chiarezza percorrendo la Cassia in un senso o nellaltro: il cancello, alto e corvino, rimane sbarrato e le bellezze che nasconde assolutamente inaccessibili.
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