Nelle 54 guerre scoppiate fra il 1900 e il 1993 sono morti - a seconda dei criteri di calcolo - fra i 100 e i 185 milioni di persone, con una percentuale di vittime 15 volte superiore a quella delle guerre di religione, e quintupla rispetto persino alla guerra dei Trentanni. La più cruenta battaglia dell800 - Sedan - lasciò sul campo 26mila morti; pochi decenni dopo, nella Grande Guerra, la sola battaglia della Somme fece contare un milione di morti.
Il saggio di Giovanni De Luna Il corpo del nemico ucciso (Einaudi, pagg. 302, euro 25), ripercorre le guerre del «secolo breve» districandosi in maniera brillante su un terreno non facile e mostrandoci come, fra guerre «simmetriche» e «asimmetriche», coloniali e civili, fino allattuale «guerra civile globale», il modo di trattare i corpi dei nemici riveli logiche ben definibili, ripetute e ripetibili. «Corpi-documento», li definisce lautore, corpi recuperati da quel fiume di immagini che dallinvenzione della fotografia, nel 1839, hanno documentato gli orrori dei conflitti bellici.
Va apprezzata la scelta dellautore di non infarcire il libro di foto che rischiano di alimentare il sinistro fascino che le immagini di morte possono esercitare. Sono solo tredici: essenziali per illustrare i contenuti dei diversi capitoli in cui, accostando creativamente fonti classiche come La violenza e il sacro o Il sacrificio di René Girard a materiale proveniente dai quotidiani o dai telegiornali, De Luna descrive mirabilmente limpressionante mattanza del XX secolo, aprendo anche uno squarcio rivelatore sulle nuove forme di morte e di guerra del XXI. Non a caso il saggio si apre sulla scena del funerale simbolico delle vittime delle Twin Towers, il 29 maggio 2002, e si chiude sui nuovi protagonisti delle guerre del nostro secolo: le «guerre senza Stato», le «violenze privatistiche» combattute non più fra nazioni ma fra etnie (e quindi sottratte a ogni convenzione internazionale). E poi i nuovi mercenari, che nellera del politically correct diventano «fornitori privati di servizi militari», o «appaltatori militari privati», e che a migliaia si sono affiancati allesercito Usa nella guerra in Irak: figure che in base allarticolo 47 del Protocollo aggiuntivo del 1977 alle Convenzioni di Ginevra risultano fuori legge, assimilate ai criminali.
I capitoli finali del libro illustrano infine in modo esemplare la follia alla dottor Stranamore delle nuove guerre ad alta tecnologia, che introducendo l«opzione zero morti» fanno della morte del soldato un fatto straordinario, eccezionale. Al tempo stesso, il corpo del soldato ucciso è diventato qualcosa di eroico, di tanto prezioso che non cè più spazio per i «militi ignoti»: ogni corpo deve avere un nome, una sepoltura. È di 140 milioni di dollari il budget annuo dellufficio del dipartimento della Difesa americano che si occupa di rintracciare e identificare i resti di tutti i caduti americani in guerra. Lufficio - chiamato Jpac - identifica in media 108 morti allanno. Senza calcolare le future perdite - osserva ironicamente De Luna - potrà esaurire il suo compito tra 409 anni. Straordinaria è la descrizione dellobitorio allAir Force Base di Dover, nel Delaware, dove vengono raccolti prima dello smistamento nei vari luoghi di sepoltura i morti americani in arrivo dallIrak. Lobitorio ha enormi magazzini riempiti con ogni tipo di uniforme, decorazione e insegna dei diversi corpi armati americani. I morti, a Dover, vengono rivestiti, decorati, addobbati con mostrine, insegne e medaglie, e infine spediti alle famiglie, per uno di quei funerali con gli onori militari (la bandiera piegata, gli squilli di tromba, gli spari a salve) così coreografici e deffetto.
Di fronte a questa cura maniacale nel censimento, nel recupero, nella preparazione e tumulazione dei caduti, De Luna analizza lestremo opposto: i nuovi kamikaze del Terzo mondo, uomini e donne per i quali il proprio corpo diventa unarma, e il corpo del nemico ucciso uno strumento di paura.
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