Politica

Un volo dal balcone: suicida la figlia di Maniero

Col genitore un rapporto difficile. Non aveva condiviso la sua scelta di collaborare

Teodora Poeta

da Pescara

«Ancora tu?». Così il boss del Brenta, Felice Maniero, il 12 novembre 1994, a Torino, si rivolse al poliziotto della Criminalpol che lo stava ammanettando dopo l'evasione dal carcere di Padova. L’agente rispose con una battuta, citando la canzone di Battisti: «Ma non dovevamo vederci più?». E invece, adesso, chi Maniero non rivedrà davvero più è sua figlia Elena, 30 anni, ex moglie del pallanuotista Enrico Mammarella: ieri, a Pescara, si è tolta la vita gettandosi dal terrazzo del proprio attico, nel centro della città.
Gli investigatori hanno subito escluso ipotesi diverse dal suicidio, anche se è proprio il padre a voler credere a qualcosa di diverso. Per ore ha ripetuto: «Me l’hanno uccisa!». Le ferite sul corpo e un biglietto scritto di suo pugno (in cui la ragazza parla di una ennesima delusione sentimentale), confermerebbero, però, che Elena si è uccisa. A quanto pare il rapporto con l’attuale compagno stava naufragando a causa di un’altra donna. Prima di lanciarsi nel vuoto aveva provato a tagliarsi le vene dei polsi, come testimonierebbero anche le forbicine macchiate di sangue trovate nell’abitazione.
Nell’appartamento la polizia ha trovato anche alcuni ansiolitici. Secondo un primo esame del medico, la figlia dell’ex boss del Brenta è morta fra la mezzanotte e le 6,50 di ieri, quando è stata trovata da un condomino che ha dato l’allarme. L’ultima sera, Elena (ma in città viveva sotto falso nome e tutti la conoscevano come Eva Marini), l’ha trascorsa con alcuni amici in un locale di Pescara. Verso le 23,30, è tornata a casa dicendo di non sentirsi molto bene. Da quel momento non si sa più nulla.
Il padre, «faccia d’angelo», era tornato a far parlare di sé lo scorso mese, quando venne scoperta una banda che voleva ucciderlo per punirlo di essersi pentito. Ed è forse proprio per questo motivo che, ora, lui continua ad escludere l’ipotesi del suicidio della figlia e a credere, invece, che sia una vendetta trasversale, riservata a chi tradisce e, come lui, collabora con la giustizia.
Lui, ancor prima dell’ex moglie Agostina Rigato, è arrivato a Pescara in mattinata. È stato ascoltato dalla polizia. Con la figlia aveva un rapporto tormentato. Tant’è che nel ’95, in un’intervista ad alcuni giornali, la ragazza, allora diciannovenne, dichiarò: «Con mio padre non voglio avere più nulla a che fare, non condivido la sua scelta di collaborare con la magistratura». Arrivando a rifiutare il programma di protezione chiesto dal padre stesso per lei e per tre altri componenti della famiglia. «Prima aveva deciso di vivere in un certo modo e nessuno glielo aveva imposto - disse durante l’intervista -. Per come la vedo io, avrebbe dovuto accettare di pagare le conseguenze delle proprie azioni precedenti, senza parlare». Nel ’96, invece, si tornò a parlare di Elena Maniero quando si scoprì che il padre le aveva comprato una Porsche cabrio e la direzione distrettuale antimafia aveva richiamato «faccia d’angelo» a tenere un comportamento conforme al suo status di collaboratore di giustizia. Per Elena, insomma, una vita segnata dalla presenza di un padre ingombrante, con il quale, però, negli ultimi anni il rapporto era migliorato al punto da andare a vivere nella stessa zona di Pescara dove Maniero, ormai fuori dal programma di protezione dei collaboratori di giustizia, ha avviato un’attività imprenditoriale. Eppure, c’era ancora qualcosa che non andava. Forse quel matrimonio finito da poco. O forse il peso di trent’anni segnati dal pentimento del padre, accusato di almeno sette omicidi, traffico d’armi, di droga e associazione mafiosa, oltre ad una pena definitiva a vent’anni e quattro mesi di reclusione con scadenza nel 2018 nel carcere di massima sicurezza dell’Aquila.

Pena che, invece, il boss del Brenta, sta scontando ai domiciliari in una località segreta, con la possibilità di uscire da casa per portare avanti un’attività imprenditoriale.

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