Alla fine anche Milano ci è arrivata. Con le sue contraddizioni, le sue inesattezze, con ventanni di ritardo ce lha fatta a superare i confini del provincialismo per allargare i suoi confini. La graffiti art, o meglio la street art, è riuscita a entrare anche nelle gallerie e nei luoghi istituzionali della cultura, tanto da diventare addirittura fenomeno di moda. Certo, parlare di moda fa un po ridere se si pensa che la graffiti art era in auge negli anni Ottanta e che lamministrazione comunale ha ingaggiato una lotta personale contro i writer, con la campagna «I lav Milan», ma tantè.
È Milano, bellezza. Una dimostrazione? Il writer Bros è in mostra, con la sua prima retrospettiva, allart Box, lo spazio espositivo del Superstudio Più di Gisella Borioli, lì dove un anno e mezzo fa (alla Myowngallery, sempre al Superstudio) espose Aaron Sharp Goodstone, meglio conosciuto come Sharp. Proprio Sharp ora è in mostra alla Avantgarden Gallery di via Cadolini. Una coincidenza? No, vi diamo unaltra prova: nella galleria che ha appena aperto in via Melzo 5, The Don Gallery, si possono ammirare le opere di BO\130 e Microbo. Loro, così come Bros, erano presenti anche alla mostra al Pac, Street art, Sweet art (catalogo Skira), al secondo posto per visitatori lanno scorso, voluta dallassessore sbarazzino e provocatore, Vittorio Sgarbi, che si convertì ai graffiti dopo la visita notturna al Leoncavallo nel lontano agosto 2006. Così mentre il critico, complice Gisella Borioli, ha sdoganato il fenomeno, elevandolo a livello di arte, Bros e i suoi compagni «giocano» a guardie e ladri con la task force anti-graffiti. Ma questa è unaltra storia.
Veniamo allarte. «20e20. Bros si mostra» (catalogo Skira), il titolo della retrospettiva, curata da Alessandro Bassani, che aprirà martedì prossimo allArt Point del Superstudio Più (via Tortona 27) mostrerà attraverso tele di grande formato, dipinte a smalto con colori sgargianti, il lavoro di Bros dal 2005 al 2008. Il diluvio universale, la moltiplicazione dei pani e dei pesci, il miracolo di Mosè nel Mar Rosso, lUltima cena sono alcuni dei temi. Attenzione, però: non si tratta di soggetti statici ma di veri e propri racconti. Bros riesce a condensare attraverso un simbolismo pop tutta la parabola o la storia.
Ma perché questi temi per unarte di strada? «Intanto la mia è arte e vera e propria - precisa subito Bros - dipingo su tela da quando avevo dieci anni. Mi piace lidea di giocare con qualcosa che è già stato presentato perché non credo che quello che ci viene raccontato dai media o dai testi di storia sia lunica verità possibile, anzi. Mi piace dare allosservatore una seconda possibilità, far scattare nella sua testolina (dice proprio così «testolina», ndr) il sospetto che ci possa essere una seconda lettura, una seconda versione dei fatti. E per raccontare degli episodi, nello spazio angusto e bidimensionale della tela, ecco che Bros cambia stile, condensa il significato ed elimina il superfluo. «Il linguaggio cambia anche perché cambia il luogo, non sono più opere sulla strada che devono lanciare il messaggio nellarco di pochi secondi, ma in uno spazio dedicato dove il visitatore può spendere anche cinque minuti davanti alle tele».
La collettiva alla Don Gallery si concentra, invece, su Lowbrow Art, Pop Surrealismo e post graffitismo, movimenti che derivano in modi diversi dalla street art. La lowbrow art è uno stile, nato degli anni Settanta in California, che coniuga la cupezza degli incubi americani con pin up sexy, mentre il Pop surrealismo, che ha come maggiori esponenti Mark Ryden e Marion Peck, rivisita lo stile di Bosch con atmosfere neogotiche. Allinterno di questa collettiva i primi nomi che saltano allocchio, per noi milanesi sintende, sono Microbo e Bo130. Lunico, forse rimasto fedele alla origini dell graffitismo doc è dunque Sharp, uno dei mostri sacri mondiali dei writer, alle spalle 24 anni di onorata carriera.
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