Politica

Appalti, tutti i nomi: spunta la cricca di Veltroni Indagato anche Verdini: "Estraneo alle accuse"

Politici, imprenditori e star dello spettacolo: basta essere nominati in una telefonata e si finisce sui giornali con sospetti infamanti. Spunta la "cricca di Veltroni": il blocco di potere che avrebbe orientato le gare per le grandi opere di Firenze e Venezia. A Firenze indagato Verdini

Appalti, tutti i nomi: spunta la cricca di Veltroni 
Indagato anche Verdini: "Estraneo alle accuse"

Gian Marco Chiocci
Massimo Malpica

La foto del politico che chiacchiera con uno «sconosciuto». Gli scatti all’autista che aspetta il dirigente. L’ex capo di stato maggiore dei carabinieri intercettato dai carabinieri mentre si lamenta per la febbre che rischia di rovinargli il Natale. La moglie che chiama il marito per chiedere quando torna a cena. Il gran maestro, la starlet, il regista televisivo, il senatore, il deputato, il vescovo, il presidente della squadra di calcio, la prostituta, l’attore, il travet, l’alto dirigente, la massaggiatrice, sindaci, presidenti di regione, consiglieri provinciali e circoscrizionali, giornalisti: chi direttamente e chi no, chi con la propria voce e chi de relato, tutti sputtanati. Che c’entrano questi stralci di vita comune di persone in vista e di carneadi con l’inchiesta sui presunti abusi negli appalti del G8? Che c’entrano i voti dati via sms, tra amici, alle performance sessuali con prostitute? E che c’entra il nome di battesimo della giovanissima escort rivelato negli atti e lasciato alla mercè di migliaia di occhi?

Se Bertolaso si lamenta di essere finito nel fango, può «consolarsi» di essere almeno indagato. A differenza dei tanti i cui nomi e la cui privacy restano abbandonati tra le migliaia di pagine degli atti, pronti a essere sbattuti sui giornali pur se estranei alle indagini in senso stretto. Il più gettonato è Denis Verdini, coordinatore Pdl, ascoltato a ripetizione al cellulare, pedinato a Roma, fotografato fin dentro il ristorante, poi lo scatto finisce piazzato in bella mostra nell’album della procura. A seguire, del medesimo partito, ecco Guido Viceconte, che stava aspirando a diventare sottosegretario. Eppoi il deputato Mario Pepe sul cui conto ci si sofferma a lungo sul terzo dei venti faldoni dell’inchiesta, oppure i parlamentari Salvatore Sciascia, Massimo Parisi, Vito Bonsignore, l’immancabile Marcello Dell’Utri, e a seguire una lunga lista. Al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, si fa cenno spesso, spessissimo, anche quando di lui si parla di terza o quarta mano. L’onorevole Paolo Russo salta fuori in un fascicolo che tratta di rapporti con la camorra di un funzionario dei lavori pubblici, il collega Rocco Girlanda perché fa campagna elettorale usando il telefonino intestato a un imprenditore del cemento, senza spiegare se è un prestito «da amico» o se è l’innesco di un possibile reato. E poi saltano fuori nomi, nomi a decine. Dal prefetto Mosca al presidente della regione Abruzzo, Gianno Chiodi fino a Piero Marrazzo, che di esposizione mediatica suo malgrado ne ha già avuta a sufficienza, citato per aver dato il suo placet all’aeroporto di Frosinone, insieme al presidente della provincia ciociara Francesco Scalia. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno perché un banchiere indagato cerca di prendere un appuntamento in Campidoglio. L’ex presidente della Regione Sardegna Renato Soru a causa di un imprenditore dice che avrebbe segnalato il nome di un architetto. Manca solo il premier. Ma c’è il fratello, Paolo Berlusconi, intercettato mentre parla con Balducci che gli chiede un appuntamento. E di tutti, nelle carte, ci sono i numeri di cellulare, spiattellati senza omissis.

La lista, in effetti, è talmente lunga da ricordare un elenco telefonico. Non poteva non esserci Agostino Saccà, che stavolta non viene intercettato ma finisce de relato agli atti. E poi i giornalisti. Lino Jannuzzi, Peter Gomez, il figlio di Aldo Biscardi, Maurizio, e Marco Lillo. Di Fabrizio Gatti, che pure ha firmato alcune delle inchieste dell’Espresso che accendono l’indagine, viene chiesta l’acquisizione dei tabulati telefonici, per capire evidentemente se ha ricevuto pressioni.

Ancora, il direttore generale della Rai Mauro Masi che salta fuori qua e là per presunte raccomandazioni, e sempre restando dalle parti di viale Mazzini, ecco il vicedirettore della Rai con delega alla fiction Giancarlo Leone, che emerge per alcune telefonate con Anemone e Balducci per caldeggiare la carriera del figlio attore di quest’ultimo. E sempre il giovane Balducci fa sì che venga incidentalmente citata anche l’attrice, ed ex compagna di Ricucci, Anna Falchi. Menzione pure per il candidato presidente per le prossime regionali in Campania Luigi Cesaro, che parla col funzionario dei lavori pubblici Di Nardo al cellulare e si ritrova nei verbali di intercettazione. Anche Daniela Santanché, leader del Movimento per l’Italia, viene tirata in ballo a margine delle chiacchiere tra il banchiere Fusi e l’imprenditore Bartolomei per la costruzione di una caserma.

E se di Berlusconi c’è il fratello, Antonio Di Pietro è presente in prima persona, ma sempre citato da altri. Nello specifico è ancora Di Nardo che racconta a una collaboratrice di un imprenditore che avrebbe denunciato pubblicamente di fronte a Tonino «quali sarebbero state le imprese aggiudicatarie delle gare bandite nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia». Risponde suo malgrado «presente» dai faldoni degli atti pure il governatore Veneto Giancarlo Galan, «reo» - si fa per dire - di essere tra i presenti a una cena veneziana a cui partecipano Balducci, De Santis e Della Giovampaola. Aver condiviso un pasto con alcune delle persone coinvolte fa finire nei faldoni anche il nome di Marco Bassetti, Ad di Endemol Italia, che gli inquirenti annotano essere «marito di Stefania Craxi». Si scherza coi fanti e pure con i santi, o meglio con i religiosi. Il vescovo di Terni Vincenzo Paglia viene registrato nel corso di una chiacchiera telefonica con Angelo Balducci. Paglia: «Sto andando a Roma, pranzo con Ravasi». Balducci: «Posso chiamarti verso le 14.30?». Paglia: «Come no, certo». B: «Così può darsi che ci incrociamo per strada». Agli onori della cronaca giudiziaria gli inquirenti spediscono anche l’abate di Montecassino, don Pietro Vittorelli. Balducci gli chiede se ha contatti con il gruppo l’Espresso che lo sta mettendo in difficoltà. B: «Ma tu lì in quel gruppo hai qualche riferimento?». V: «Prima c’era proprio Carlo Caracciolo, e poi adesso... il riferimento ce l’ho. Quando vuoi».

C’è poi un nome noto, quello dell’ex capo di stato maggiore dei carabinieri e poi direttore dell’Aise Giorgio Piccirillo. Gli inquirenti lo «attenzionano» per una telefonata a Balducci in cui parla di un architetto conoscente di entrambi. Ma non tagliano parti di dialogo non propriamente interessanti a fini investigativi. Un esempio? Piccirillo: «La disturbo?». Balducci: «No, ma che scherza? Ci mancherebbe, è un piacere... e tra l’altro penso si possa farle i rallegramenti». P: «La ringrazio. Da domenica assumo il nuovo incarico, quindi vado in un’attività completamente nuova». E poi c’è un intero capitolo dedicato a un misterioso «generale» che lavora in via Lanza e ai suoi rapporti con Balducci e Anemone.

Immancabile la presenza, vista la poltrona che occupa, del ministro alle Infrastrutture e trasporti Altero Matteoli, il cui nome salta fuori ogni volta che si affronta il tema degli appalti. Stesso argomento per cui indirettamente compare l’ex ministro Pietro Lunardi, citato dal presidente di sezione della Corte dei Conti Mario Sancetta, intercettato al telefono con Di Nardo.

Emblematico anche il caso di Francesco Maria De Vito Piscicelli. Finito sulla graticola per l’imbarazzante risata (che lui smentisce) commentando a caldo il terremoto dell’Aquila. Su di lui gli inquirenti sono spietati, e annotano anche la seguente conversazione poche ore dopo che l’assessore comunale napoletano Giorgio Nugnes si era tolto la vita perché coinvolto nell’affaire Romeo. Piscicelli: «S’è suicidato Nugnes». Gagliardi: «S’è suicidato Nugnes?». P: «Sì». G: «Vabbuo’, non lo processano più». P: «(Ride)». G: «Suicidandosi a casa sua il 29 novembre scorso». P: «(Ride)».

Poteva mancare la massoneria? nelle informative tengono banco le elezioni per il rinnovo del Goi (Grande Oriente d’Italia) e non mancano i riferimenti al gran maestro Raffi. Per volare più lontano con le indagini ci si affida a Vito Riggio, presidente Enac, e per restare più terra terra ecco un’intercettazione a bordo campo: riguarda Claudio Lotito, che se lo conosciamo un po’ adesso chiederà pure i danni per quella frase intercettata: «Vedi il presidente della Lazio? Fai attenzione che quello è un fjo de na mignotta»

Commenti