Cronache

Biotestamento, in Molise le campane suonano a morto in protesta contro la legge

Per protestare contro l'approvazione alla Camera della legge sul biotestamento, sei parroci del Molise hanno fatto suonare a morto le campane delle loro chiese e affisso un finto necrologio

Biotestamento, in Molise le campane suonano a morto in protesta contro la legge

Sei parroci molisani hanno protestato contro la legge sul biotestamento passata alla Camera facendo suonare le campane a morto.

La rumorosa protesta è andata in scena nelle chiese di Carovilli e Pietrabbondante, in provincia di Isernia, Castropignano, Duronia e Salcito, in provincia di Campobasso. A Pietrabbondante è stato affisso anche un necrologio che recita: "Le campane suonano a morto perché la Vita è vittima della morte dall'aborto all'eutanasia delle Dat. Con queste l'Italia ha scelto di far morire, non di far vivere. Prosit".

"Con ciò hanno voluto richiamare l'attenzione delle loro comunità il funesto evento legislativo, che creerà una grande mole di problemi, e minerà alla base la certezza della indisponibilità della vita umana. Invitano anche tutti ad una seria riflessione a emendare sostanzialmente al Senato la norma, e bocciarla addirittura come inutile, potendo fare riferimento già alle normative sull'accanimento terapeutico e cure palliative", ha reso noto Don Mario Fangio, il parroco di Carovilli.

I precedenti

Il prete molisano non è nuovo a queste iniziative: l'anno scorso protestò nello stesso modo anche dopo l'approvazione delle unioni civili, dichiarando che avrebbe fatto suonare le campane a morto a intervalli regolari per l'intera giornata per celebrare il "funerale del matrimonio tradizionale".

Nel 2011, invece, Don Emilio Salatino pensò di far suonare a morto le campane della chiesa di San Giovanni in Fiore, paese in provincia di Cosenza, per ogni nuovo aborto.

La Cei

Contro la norma sul biotestamento con le Dat, Disposizioni anticipate di trattamento, passata alla Camera e che presto approderà all'esame del Senato, si è espressa pubblicamente la Cei. "È un testo nel quale non possiamo riconoscerci - ha spiegato il presidente della Conferenza episcopale italiana cardinale Angelo Bagnasco - pur rilevando l'impegno con cui alcuni hanno cercato di migliorarne singoli aspetti". "

"Essa rischia di aprire derive pericolose, come è avvenuto con altre leggi; e, comunque, rimane lontana da quell'impostazione personalistica che trova riflesso anche nella Costituzione della nostra Repubblica - ha aggiunto il cardinale - che tutela la salute come diritto dell'individuo e interesse della collettività. Invece, questo testo è adatto a un soggetto che si interpreta a prescindere dalle relazioni, considerandosi padrone assoluto di una vita che non si è dato. Inoltre, spezza il legame tra medico e paziente".

Bagnasco ha chiarito che la Chiesa "non ha mai sostenuto l'accanimento terapeutico, considerandolo una situazione precisa da escludere; l'attenzione alla persona, però, ci porta con altrettanta forza a contestare l'abbandono terapeutico. Il malato chiede di essere accompagnato in ogni momento sia sotto il profilo delle terapie che delle relazioni: questa prossimità fa la differenza".

Commenti