Cronache

L'esperto smentisce Boeri: "Pagheremo noi le pensioni ai migranti"

Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia all’Università di Milano-Bicocca: "Quelli di Boeri sono discorsi un po’ propagandistici"

L'esperto smentisce Boeri: "Pagheremo noi le pensioni ai migranti"

Ma è proprio vero che gli immigrati ci servono per pagare le pensioni? Secondo Tito Boeri, al vertice dell'Inps, la risposta è positiva. Tanto che a luglio ci ha dilettato con precisi numeri che dimostrano come senza l'apporto degli stranieri non saremmo in grado di pagare gli assegni ai nostri anziani. Ma non tutti la pensano come lui.

Gian Carlo Blangiardo, professore di demografia all’Università di Milano-Bicocca, si è fatto grazie ai suoi studi un'idea del tutto diversa rispetto a quella di mister Inps. E lo ha fatto ragionando non sul breve periodo (quanti immigrati pagano oggi le nostre pensioni), ma sul lungo (quante pensioni dovremo pagare a tutti questi immigrati). Blangiardo studia demografia e dunque di queste cose se ne intende.

Nella sua intervista a Libero spiega come il calo demografico sia il vero cancro del nostro Paese. Non facciamo figli, e se li facciamo sono troppi pochi. "Ci sono gli immigrati", dicono i buonisti. Ma non è così. "L’immigrazione ha compensato per un po’ il saldo naturale negativo fra nati e morti. Oggi non lo fa più", spiega il professore dimostrando come anche il tasso di natalità delle straniere stia scendendo.

Solo un anno fa ilGiornale.it lanciò la campagna per chiedere al governo di "aiutare le famiglie a far figli invece di importare immigrati". Da quel giorno le cose non sono migliorate. Le politiche familiari latitano e i vari bonus bebè sono solo degli spot. "Quando ero all’Osservatorio nazionale della famiglia - dice Blangiardo - dal governo ci si diceva: il “fattore famiglia” (una sorta di quoziente familiare adattato all'Italia) sarebbe una bellissima cosa, ma non possiamo investire tutte quelle risorse".

E gli stranieri? "L’immigrazione - spiga il professore - va gestita con criteri di sostenibilità, per non compromettere il benessere di chi c’è e di chi arriva. Possiamo permetterci di ricevere chi vada a colmare effettive carenze in determinati settori. Penso agli indiani che mungono le mucche della pianura padana, alle badanti dell’Est Europa… Il mercato, alle condizioni attuali, ha un certo bisogno di manodopera straniera. Sottolineo: alle condizioni attuali". Ecco svelato il trucco: "Basterebbe alzare il livello delle retribuzioni e cambiare certi contratti per spingere i giovani italiani a fare quei lavori che oggi non fanno".

E sulle pensioni il discorso è chiaro: "Quelli di Boeri sono discorsi un po’ propagandistici. Certo, oggi l’Inps incassa i contributi di giovani immigrati e li usa per pagare gli assegni. Ma vanno considerate due cose. Anzitutto, è vero: noi abbiamo bisogno ogni anno di un certo numero di nuovi lavoratori che versino contributi. Ma non necessariamente devono essere stranieri, potrebbero anche essere donne o giovani italiani, per citare due categorie il cui tasso di partecipazione al mercato del lavoro è basso. Inoltre, "i contributi versati dagli immigrati sono un prestito, non un regalo. Andranno restituiti sotto forma di assegni pensionistici. Non si può mica sperare che gli immigrati si dimentichino di quanto hanno versato in Italia e se ne tornino nei Paesi d’origine senza reclamarlo...". Questo significa, appunto, che in futuro l'immigrato che oggi ci paga le pensioni domani dovrà incassarla. "Io ho fatto qualche calcolo - spiega l'esperto - confrontando anno dopo anno il numero dei sessantacinquenni presenti in Italia con il numero delle persone nate in Italia 65 anni prima. Inizialmente il primo numero è inferiore: di tutti i nati, non tutti sopravvivono fino a quell’età. Col tempo, il primo numero diventa maggiore. Come si spiega? A compiere 65 anni sono soggetti non nati in Italia, ma invecchiati qui. Ebbene, all’incirca dal 2030 in poi la differenza tra i due numeri è nell’ordine di 200 mila persone all’anno".

Inoltre, i calcoli di Boeri non tengono conto dei costi che l'Italia sostiene in altri campi, dalla scuola all'assistenza sanitaria.

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