Politica

Galleggiare con Monti o affondare a sinistra

Monti in pratica avverte i parti­ti: assodato che non vi organizzate, e non avrete voti a sufficienza per guida­re il Paese, sappiate che sarete condan­nati a dare vita a una grande coalizio­ne. GIULIANO FERRARA: "I PARASSITI CHE AGITANO LA BANDIERA DEL PROF"

Mario Monti ci ha informati che sarà disponibile a rimanere a Palazzo Chigi anche dopo le elezioni politi­che del 2013, qualora dalle urne non uscisse un risultato chiaro e non fosse possibile costi­tuire una maggioranza solida, in grado di so­stenere un governo duraturo. La notizia non è stata entusiasticamente accolta dai partiti, specialmente quelli di sinistra; sono  convinti di tornare in auge, ma non è così.

Esautorati da quasi un anno, essi avrebbero avuto tempo per rifondarsi, rifarsi una buona reputazione, ripara­re i guasti prodotti nel Paese, ma l’han­no sprecato: non hanno combinato nul­la. Anzi. Hanno peggiorato la propria immagine continuando a coltivare vizi e difetti antichi, a incassare rimborsi elettorali stratosferici, a preoccuparsi di salvaguardare i privilegi di cui godo­no. Il che ha contribuito ad aumentare la sfiducia dei cittadini nel sistema e ad alimentare in loro il desiderio di abban­donarsi all’antipolitica, cioè a sposare i movimenti di protesta più capaci di in­terpretare il disgusto generale.
Nelle ultime settimane, poi, una se­quela di scandali regionali, in aggiunta a quelli nazionali, hanno persuaso gli italiani: i politici sono tutti uguali, non se ne salva uno. D’accordo, è sbagliato pensare che la corruzione abbia conta­minato chiunque frequenti il Palazzo, ma è altresì sbagliato pretendere che la gente faccia troppi distinguo. Se in una cassetta di mele, tre o quattro sono mar­ce, la sensazione di chi la guarda è una sola: che quella cassetta sia da buttare.
 Il qualunquismo galoppa se il terreno glielo consente.
Nei sondaggi la sinistra è in vantag­gio sulla destra perché nella legislatu­ra in corso non ha governato e ha com­messo pazzie per impedire agli avversa­ri di farlo. Ma i dati dimostrano che Pier Luigi Bersani non ha comunque la vit­toria in tasca. Le alleanze su cui conta­va esistono ancora, ma soltanto sulla carta: Nichi Vendola sconfessa la politi­ca del rigore perseguita dai tecnici; An­tonio Di Pietro pure, anche se per moti­vi
 diversi; Pier Ferdinando Casini è montiano e non sopporta il Sel. Non è finita. Il Pd stesso è sconvolto dall’irre­sistibile ascesa di Matteo Renzi, il qua­le minaccia la leadership del segreta­rio. Insomma, i progressisti si presente­ranno alle urne talmente divisi da met­tere in fuga parecchi potenziali eletto­ri.
È evidente. La situazione è brutta per entrambi gli schieramenti e non si scor­gono segnali di miglioramento. Ecco perché la disponibilità del premier a re­stare
 dov’è ha un significato quasi divi­natorio; Monti in pratica avverte i parti­ti: assodato che non vi organizzate, e non avrete voti a sufficienza per guida­re il Paese, sappiate che sarete condan­nati a dare vita a una grande coalizio­ne. Nell’eventualità, io sono pronto a sacrificarmi anche al prossimo giro.
Il Professore ha ragione da vendere. Ha più fiuto e sensibilità politica lui dei professionisti dello scranno che vor­rebbero dargli il benservito. Monti non è miope e ha già messo a fuoco gli scena­ri lontani. D’altronde, considerato tut­to, è preferibile zoppicare con un boc­coniano che correre (rischi) con un ex di Botteghe Oscure.

Se male deve esse­re, meglio il minore. 

Commenti