Cronache

Italiani rapiti in Libia, il generale Bellini: "Considerare un riscatto"

Nel Paese nordafricano manca un interlocutore affidabile. "Se la priorità è riportarli a casa, allora è una via da valutare"

Italiani rapiti in Libia, il generale Bellini: "Considerare un riscatto"

In quattro, tutti dipendenti della società di costruzioni Bonatti, sono stati rapiti in Libia. I cittadini italiani sono stati sequestrati nella zona di Mellitah, non molto lontano da un compound dell'Eni, ma sull'identità di chi li ha presi in ostaggio restano ancora dei dubbi.

Il Viminale ha scelto la strada della cautela e a SkyTg24 il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha invitato la stampa a "far lavorare chi ha titolo di farlo nel silenzio", senza troppe illazioni su quanto davvero sia successo. Le ipotesi per ora sono tutte valide, compresa la possibilità di un rapimento allo scopo di ottenere la liberazione di alcuni scafisti detenuti. "Ma è escluso che si possa trattare", ha aggiunto oggi Alfano.

La situazione è complicata, come lo è anche lo status politico del Paese, ingolfato nel caos. Due i governi, uno islamista e uno riconosciuto dai Paesi occidentali. Abbastanza da far pensare che manchi un interlocutore con cui confrontarsi in maniera efficace.

Lo dice, in un'intervista al Mattino, il generale Gianmarco Bellini, che nel 1991 fu catturato in Iraq insieme al collega Cocciolone. "La trattativa per via diplomatica presuppone che ci sia un interlocutore definito che, al momento, manca - spiega al quotidiano di Napoli -. Il blitz armato è rischioso, soprattutto in un territorio desertico dove l'effetto sorpresa sarebbe facilmente vanificato".

Un'analisi, quella di Bellini, che rileva le difficoltà a cui ci si troverebbe davanti nel tentare il salvataggio dei quattro connazionali e che gli fa dire anche che "se l'obiettivo primario è riportare a casa gli ostaggi, il pagamento di un riscatto è una possibilità da valutare". Una che le autorità italiane in passato non hanno mai trascurato di considerare.

Sull'ipotesi di un legame tra il rapimento e la tratta dei migtanti, il generale Bellini è molto più scettico. "L'Italia ha sempre perseguito i trafficanti di esseri umani in maniera molto decisa", dice, ritenendo improbabile una novità dovuta a un nuovo approccio da parte delle autorità. Più credibile, sostiene, che la situazione sia precipitata perché è "venuta meno l'unica autorità in grado di mantenere l'ordine tra le varie fazioni. Ora ogni capo tribù fa quello che gli pare".

Un'opinione che è condivisa anche dal primo ministro del governo islamista di Tripoli, Khalifa al-Ghweil. In un'intervista a La7 ha sostenuto che la possibilità di "una relazione con i trafficanti" dei rapitori degli italiani è molto scarsa.

"Crediamo piuttosto si tratti di criminali che vogliono turbare le relazioni che vogliamo instaurare con l'Italia".

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