Economia

Da Berlino diktat pure a Fiat E l'Europa corre a indagare

La Germania chiede il richiamo di 500X, Renegade e Doblò. La Ue: fare chiarezza. E il titolo cade (-4,2%)

Da Berlino diktat pure a Fiat E l'Europa corre a indagare

È guerra totale sull'auto, sia in Europa sia Oltreoceano. Tutti contro tutti, o quasi. Governi centrali, singoli Paesi e Authority per l'ambiente da giorni hanno rimesso nel mirino il settore, alzando la tensione ai massimi livelli. Non è solo il Gruppo Volkswagen, il quale ha la responsabilità di aver scatenato nel settembre 2015 il finimondo, a continuare a far discutere. Ma nell'occhio del ciclone c'è ora anche Fca, non solo per le accuse di aver dato vita a un presunto «mini» Dieselgate negli Usa (104.000 veicoli rispetto ai 580.000 tedeschi, che salgono a oltre 11 milioni se si amplia a livello mondiale la portata dello scandalo), ma perché in Germania hanno colto la palla al balzo per chiedere alla Ue di procedere al richiamo di tre modelli del gruppo, sempre per il problema delle emissioni: Fiat 500X e Jeep Renegade (prodotte a Melfi) e Fiat Doblò (nasce in Turchia). Un'ingerenza che ha irritato il governo italiano che ha risposto per le rime al ministro dei Trasporti di Berlino, Alexander Dobrindt: «Non accettiamo lezioni ha ribadito con un tweet Gianluca Galletti, responsabile per l'Ambiente -; siamo per rigore e trasparenza a partire dalla vicenda Volkswagen».

La posizione tedesca anti-Fca ha però finito per contagiare anche il Regno Unito, visto che Londra ha deciso di effettuare una serie di test su un modello, in questo caso la Jeep Grand Cherokee, per verificare se il funzionamento del motore Diesel sia in linea con le norme anti-inquinamento.

I continui attacchi di Berlino e il muro alzato da Palazzo Chigi, non ritenendo Dobrindt un interlocutore su questioni di competenza Ue, hanno alla fine convinto Bruxelles a rilasciare una dichiarazione che, però, lascia la vicenda ancora più in sospeso, facendo trasparire una certa inquietudine. «È stato ripetutamente chiesto alle autorità italiane di presentare risposte convincenti al più presto possibile fa notare Lucia Caudet, portavoce della commissione per l'Industria -; ora siamo a corto di tempo, in quanto intendiamo concludere i colloqui sulla conformità di Fiat a breve».

Domani, a Berlino, è in programma la Conferenza economica italo-tedesca: faccia a faccia si troveranno il premier Paolo Gentiloni e la cancelliera Angela Merkel, insieme alle rispettive delegazioni. La guerra dell'auto (e non solo) tra i due Paesi dovrebbe monopolizzare buona parte del vertice, con il governo italiano impegnato a fare quadrato rispetto alle posizioni assunte. «L'Italia sta lealmente collaborando per gli incontri alla commissione di mediazione Ue su Fiat 500X - spiega, in una, il ministero dei Trasporti - e non è stato disdetto alcun appuntamento. Dai test sulle emissioni sui veicoli Fca, compresa la 500X, i veicoli risultano conformi. Non risulta che la Commissione Ue abbia verifiche proprie che confermino i test tedeschi sui modelli del Lingotto».

Polemiche, attese e tensioni non fanno bene alla Borsa. Ieri le azioni Fca sono tornate ad arretrare (-4,19% a 8,80 euro), anche se gli analisti di Banca Akros ritengono che «possibili impatti negativi causati dal Dieselgate sono già stati scontati dal mercato». Va con i piedi piombo, Equita, che consiglia cautela visto l'inasprimento della situazione in Europa, dopo le accuse limitate fino a pochi giorni fa agli Stati Uniti. Negativi anche i titoli dei costruttori francesi, sui quali pesano le affermazioni bellicose del ministro dell'Ambiente, Ségolène Royal, la quale ha già messo Renault nel mirino, e degli stessi tedeschi, che pagano le minacce di Donald Trump, dal 20 gennaio nuovo presidente americano, nei confronti di Bmw: super dazio del 35% per ogni veicolo del gruppo bavarese prodotto in Messico.

Intanto, saldati i conti con le autorità e i clienti Usa, per un costo di oltre 20 miliardi, nei giorni scorsi per il Gruppo Volkswagen si è aperto un nuovo doloroso capitolo, quello giudiziario. In Florida è finito dietro le sbarre, poco prima di rientrare in Germania, il manager Oliver Schmidt, mentre altri 6 dirigenti dell'azienda sarebbero sotto osservazione. L'Auto Show di Detroit, inoltre, ha visto il vertice di Volkswagen rimanere prudentemente a Wolfsburg e dintorni, lasciando al solo Herbert Diess, ex manager di Bmw e solo dal luglio 2015 a capo del marchio Vw, il compito di presentare le novità e parlare con i media. Giovedì, inoltre, l'ex ad Martin Winterkorn, pensionato d'oro con un assegno giornaliero di 3.

100 euro, dovrebbe essere messo sotto torchio dal Parlamento di Berlino.

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