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"Italia cambiata, ci si dimette". Ma per Renzi la Boschi non si tocca

Agli atti non c'è solo l'appoggio della Guidi al compagno indagato. Tirata in ballo anche la Boschi che, però, non lascia. Renzi la difende: "Firma atto dovuto". Ma Brunetta lo avverte: "Non ti basterà sacrificare un ministro"

"Italia cambiata, ci si dimette". Ma per Renzi la Boschi non si tocca

"Nel governo Renzi non si muove foglia che la Boschi non voglia. Tanto nelle banche quanto nella legge di stabilità". Le parole di Renato Brunetta rendono bene il clima che c'è nel governo. Perché, dietro alle rassicurazioni del ministro allo Sviluppo economico Federica Guidi al compagno (indagato) Gianluca Gemelli, c'è l'impegno di Maria Elena Boschi a far uscire l'emendamento incriminato. Eppure, mentre Matteo Renzi ha fatto pressioni perché la Guidi lasciasse subito il ministero, la Boschi resta ben salda alla poltrona. "La firma dell'emendamento da parte del ministro Boschi - la difende il premier - è un atto dovuto". Ma le opposizioni chiedono a gran voce: "Prima le banche, poi il petrolio. Quando le dimissioni?".

Le intercettazioni su Guidi e Boschi

"E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se è d'accordo anche Maria Elena, quell'emendamento che mi hanno fatto uscire... alle quattro di notte!". È il 5 novembre del 2014 e la Guidi rivela a Gemelli (titolare di due società che operano nel settore petrolifero) una notizia ancora riservata. Un annuncio che, dicono gli inquirenti, favorirà proprio Gemelli dal momento che il provvedimento che sarà poi inserito nella legge di stabilità avrebbe agevolato l'iter delle autorizzazioni necessarie alla realizzazione del progetto "Tempa Rossa", il giacimento petrolifero della Basilicata la cui base logistica è prevista a Taranto nella raffineria Eni. Un progetto dal valore complessivo di 1,6 miliardi e sul quale Gemelli aveva diverse mire. Il 5 novembre, alle 17.10, gli investigatori sentono dunque il ministro dire al compagno: "... quell'emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte... alle quattro di notte...! rimetterlo dentro alla legge... con l'emendamento alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa... ehm... dall'altra parte si muove tutto". A quel punto il compagno chiede se la corsa riguardasse anche i suoi "amici". "Eh certo, capito? - risponde Guidi - certo... te l'ho detto per quello". Gemelli non perde tempo e contatta il dirigente della Total Giuseppe Cobianchi, con il quale da tempo è in contatto. "La chiamo per darle una buona notizia... - dice - si ricorda che tempo fa avevano ritirato un emendamento, ragion per cui c'erano di nuovo problemi su Tempa Rossa...pare che oggi riescano ad inserirlo nuovamente al Senato... ragion per cui... se passa... e pare che ci sia l'accordo con Boschi e compagni... se passa quest'emendamento... che pare... siano d'accordo tutti... perché la Boschi ha accetto di inserirlo... è tutto sbloccato! (ride) volevo che lo sapesse in anticipo... e quindi questa è una notizia... penso che sia positiva! mi hanno chiamato adesso e mi hanno detto... 'guarda lo inseriamo di nuovo' e quindi siamo a posto! Se me l'hanno detto penso che sia chiuso... perché mi dicevano che anche la Boschi era d'accordo... quindi incrociamo le dita ma dovrebbe essere così". Per "ingentilirsi i vertici della società" Gemelli vuole che la notizia arrivi direttamente all'ad della Tecnimont, una società che ha dato lavori in subappalto ad una delle sue aziende. Così chiama il dirigente Luigi Anselmi. "Ascolta c'è un'informazione importante per il tuo ad... glielo dobbiamo far sapere subito... mi hanno chiamato, e tu sai chi, e mi diceva che invece che... d'accordo con la Boschi e... lo stanno reinserendo quell'emendamento, quindi sbloccheranno il tutto... solo che io avrei necessità di dirlo anche a lui... perché gli deve arrivare prima che sia ufficiale... se no non abbiamo fatto niente...".

Perché si dimette soltanto la Guidi?

Nelle carte vengono citati anche altri esponenti del governo. Si parla, per esempio, del ministro dell'Ambiente Gian Luca Galletti e di un convegno a Roma promosso, secondo il compagno del ministro, dalla Fondazione italiani europei di Massimo d'Alema. Vengono alla luce i "contatti" tra il sottosegretario alla Salute Vito De Filippo, ex governatore della Basilicata, e l'imprenditore Pasquale Criscuolo. In una intercettazione De Filippo invita Criscuolo, "qualora avesse necessità di risolvere problematiche sulla capitale", a rivolgersi all'assistente: "Chiedile tutto che lei ti può spiegare tutto è una persona di grande valore a parte che se ti serve qualsiasi cosa è in condizioni di risolverti molti problemi su Roma". Spunta, poi, il legame con il presidente della Basilicata Marcello Pittella. Tanto che il giudice si sofferma "sul ruolo politico assunto da Pittella e sui contatti 'fortì che il fratello di questi, Gianni, europarlamentare, aveva con il premier". Eppure è solo la Guidi a pagare. "Tutti sapevano - vanno alla carica i grillini - tutti a casa". Per Brunetta, infatti, la notizia non sono le dimissioni del ministro, ma il fatto che ci siano solo le sue. "La notizia vera - tuona il deputato di Forza Italia - è la certificazione di come la Legge di Stabilità, che è la spina dorsale della politica del governo, sia marcia in se stessa, abbia come logica suprema non il bene del Paese ma quello degli amici degli amici". E invita Renzi a non illudersi che gli "basti sacrificare la Guidi" per poter tirare avanti a campare.

Renzi fa scudo alla Boschi

All'indomani degli arresti e delle dimissioni, le opposizioni hanno serrato i ranghi per chiedere alla Boschi a gran voce un passo indietro. Per molti, infatti, il ministro per le Riforme è il gran cerimoniere dei traffici di Renzi. Maurizio Gasparri denuncia le "ombre pesanti" che gravano "sull'operato del governo". Ma non è l'unico a denunciarlo. "Tutto il governo è in eterno conflitto d'interessi - attacca Giorgia Meloni - nelle telefonate si parla delle due ministre: una si dimette, l'altra no: perché?". Ma il Pd fa quadrato attorno alla Boschi e rimanda al mittente la richiesta di dimissioni. Finché non è lo stesso Renzi a scendere in campo per difenderla: "L'Italia non è più quella di una volta: se prima per telefonate inopportune non ci si dimetteva, ora ci si dimette". Nonostante la selva di proteste che sono piovute sul governo, il premier trova il modo di vantarsi delle dimissioni della Guidi. Fa il paragone con Annamaria Cancellieri, ministro della Giustizia nei governi Monti e Letta, e liquida le mozioni di sfiducia delle opposizioni come una seccatura che verrà spazza via facilmente. Quindi si fionda a difendere la posizione della Boschi spiegando la firma dell'emendamento come "un atto dovuto". Per Matteo Salvini, infine, non basterebbero nemmeno le dimissioni della Boschi.

"Quello che se ne deve andare - intima - è Renzi".

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