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Il centrodestra non ci sta. "Parleremo con il Colle". Ma due azzurri votano sì

Meloni: non va bene, chiederemo colloquio a Mattarella. Rossi e Causin per la fiducia

Il centrodestra non ci sta. "Parleremo con il Colle". Ma due azzurri votano sì

Così non va. La farsa finale di un voto contestato al var e una fiducia conquistata sul filo di lana portano il centrodestra a scegliere la via dell'appello all'arbitro costituzionale «Rispetto alle premesse e alle speranze di Conte e Casalino tuona Giorgia Meloni (FdI) -, le cose non sono andate come speravano. Sentivo parlare di decine di responsabili ma al netto di casi singoli, dall'altra parte ce ne sono di più, il centrodestra ha mantenuto la sua compattezza e non era scontato. Ho parlato con Salvini, parlerò con Berlusconi. Ora dobbiamo chiedere un colloquio con il Colle».

Quindi, nonostante le defezioni (alla fine saranno due gli azzurri che hanno regalato la fiducia a Conte: Mariarosaria Rossi e Andrea Causin) dall'aula del Senato arriva una condanna inappellabile: quella di Conte, recita un comunicato congiunto del centrodest, è il «tentativo di mascherare una cinica operazione di trasformismo con una operazione politica».

La cronaca di una giornata convulsa parte dal finale. Quando Causin e la Rossi hanno detto sì (cosa che ha portato alla loro immediata espulsione dal partito, come ha assicurato Tajani). Il primo era uno di quelli «a rischio» e infatti ha anche annunciato il suo voto con una dichiarazione di responsabilità alle agenzie di stampa. Mariarosaria Rossi rappresenta, con il suo voto, un fulmine a ciel sereno. Tanto che per il suo gesto, il collega di partito Maurizio Gasparri, parla di condotta vergognosa. «Non le daremo mai la fiducia - tuona in aula, la senatrice azzurra Licia Ronzulli -. E si ricordi che sono gli italiani che hanno bisogno di aiuto non lei. Anzi, è proprio chi sta su quella poltrona, che ora lei difende tenacemente, a dover aiutare gli italiani».

La giornata del centrodestra si è tutta consumata nel piccolo perimetro che separa i gruppi parlamentari di Montecitorio dall'aula del Senato. Tra riunioni di partito, confronti e vertici della coalizione, cui ha sempre partecipato in videoconferenza anche Silvio Berlusconi.

E nonostante il risultato del voto (con la fiducia strappata dal premier sul filo di lana), Forza Italia e gli altri partiti della coalizione hanno dimostrato di essere portatori di un progetto politico di grande respiro. Ed è il senatore Luca Ciriani di Fratelli d'Italia a notare proprio questa grande differenza paragonandolo al vuoto delle vaghe promesse e degli appelli di Conte. «Il suo discorso mi ha fatto venire in mente - ha ironizzato Ciriani - un aforisma di Wilde quando dice: amo molto parlare di nulla perché è l'unico argomento di cui so tutto».

Dai banchi di Fratelli d'Italia Ignazio La Russa ricorda le dimissioni del governo Berlusconi l'8 novembre del 2011. «Allora il governo batté le opposizioni sul rendiconto di bilancio - ricorda La Russa - con i voti che non rappresentavano però la maggioranza assoluta e andò al Colle e si dimise». E la stessa Meloni a fine giornata commenta: «Con questi numeri non credo che Mattarella chiuderà un occhio».

Sempre sulla caccia ai «responsabili» il portavoce dei parlamentari azzurri, Giorgio Mulè, usa espressioni tutt'altro che rassicuranti. «Nel suo discorso dice: patto di fine legislatura e poi rinforzare la squadra. Tradotto: prima mi votate la fiducia poi vi do un posto nel governo. In altre parole è voto di scambio. Gravissimo».

La sua collega di partito, la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini nel suo intervento parla di mercante in fiera.

«Invece di occuparsi di questa penosa campagna acquisti - dice la senatrice azzurra rivolgendosi direttamente al premier - otto milioni di famiglie stanno soffrendo, mentre lei continua a dire che i problemi non esistono».

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