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Così Conte e Tria si sono piegati all'Unione europea

A luglio una lettera inviata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro dell'economia Giovanni Tria alla Commissione Ue certificava la resa totale del governo "giallo-verde" ai diktat europei.

Così Conte e Tria si sono piegati all'Unione europea

Tra le cause scatenanti della crisi di governo aperta da Matteo Salvini e dalla Lega e della fine del governo "giallo-verde" ci sarebbe, come scrive La Verità, la lettera inviata dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal Ministro dell'economia Giovanni Tria lo scorso 2 luglio ai vertici della Commissione Ue, nella quale si certificava la resa incondizionata del governo italiano ai diktat europei e l'impossibilità di introdurre la Flat Tax. Nella lettera firmata da Conte e Tria e inviata a Jean-Claude Juncker, Pierre Moscovici e a Valdis Dombrovskis, i rappresentanti del governo scrivono che l'obiettivo generale della nuova politica fiscale italiana per il 2019 e della strategia di bilancio da presentare nel documento programmatico di bilancio 2020 "è quello di raggiungere un ampio rispetto del patto di stabilità e crescita (Psc)" anche noto come Fiscal Compact.

Conte e Tria scrivono che l'Italia può contare su dei risparmi di spesa e di maggiori entrate che le consentono di riportare il deficit/Pil dal 2,4% al 2%; si impegnano a conseguire un miglioramento strutturale in linea con i requisiti del Fiscal compact; evitare l'aumento dell'Iva, come richiesto dal Parlamento, trovando misure alternative e compensative. "Per soddisfare queste raccomandazioni - sottolineano Giuseppe Conte e Giovanni Tria - il governo ha formulato una strategia integrata che si basa su una nuova spending review e su una revisione delle spese fiscali", sottolineando le spese per le nuove politiche previdenziali (reddito di cittadinanza e quota 100) saranno inferiori a quelle previste nel bilancio.

A seguito di quelle rassicurazioni, la Commissione Europea ha "graziato" l'Italia, scongiurando il pericolo di un'azzoppate procedura di infrazione, che avrebbe aggiunto un'ulteriore (e ingiusta) zavorra ai conti italiani. "Il governo italiano lunedì scorso ha approvato un pacchetto formale che dà una risposta formale alle nostre condizioni", spiegò il commissario Pierre Moscovici, secondo cui l'Italia nel complesso rispetterebbe le regole al contrario di quanto riscontrato a dicembre del 2018. Di fatto, però, Tria e Conte avevano definitivamente chiuso a ogni ipotesi e possibilità di riduzione delle tasse, come la Flat Tax tanto inseguita dalla Lega di Matteo Salvini e inserita nel contratto di governo. Una misura semplicemente irrealizzabile stando ai contenuti di quella lettera. Ed è proprio da quel momento che la fiducia reciproca fra le due forze politiche, Lega e Cinque Stelle, viene a mancare. Da lì a poche settimane, infatti, si consuma lo scontro, durissimo, fra il Presidente della commissione bilancio Claudio Borghi e il ministro dell'economia del governo.

È il 25 luglio quando Borghi attacca Tria a seguito di un'intervista concessa dal ministro a Skytg24 ricordandogli che se non è d'accordo con le misure contenute nel contratto di governo, "se ne può anche andare". La Lega si aspetta una reazione da parte dell'alleato di governo che però reagisce, attraverso le parole di Luigi Di Maio, confermando piena fiducia in Giovanni Tria e nel Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. È chiaro, a quel punto, che l'avventura del governo "giallo-verde" è al capolinea. Nei giorni successivi si consuma la discussione surreale sulla tav, che genera ulteriori tensioni, fino a quando, il 9 agosto, Matteo Salvini decide di staccare la spina, commettendo l'errore nel farlo però nei modi e nei tempi forse sbagliati.

Un altro quesito estremamente rilevante, però, lo si deve porre, e riguarda il deficit democratico dell'Ue: se davvero la Commissione Ue è pronta a "ricompensare" l'Italia concedendo maggiore flessibilità perché al governo presumibilmente non ci sarà un attore politico a quest'ultima sgradito (la Lega), allora è chiaro che l'Unione europea si comporta nei confronti dei Paesi dell'eurozona basandosi sull'individuazione di amici e nemici, con una pesante ingerenza negli affari interni e nella sovranità degli stessi Paesi europei. È un problema molto serio perché tutte le forze politiche dovrebbero avere pari dignità e diritti, anche se promuovono una linea politica che alla Commissione Ue non piace.

O perlomeno, la democrazia dovrebbe prevedere questo, anche in un Paese a "sovranità limitata".

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