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Rai, Saviano, censure: tutte le bugie di Fazio da Fedez

Il conduttore di "Che tempo che fa" racconta (a modo suo) il rapporto con la televisione di Stato, ma dimentica qualche passaggio di troppo riguardante gli strappi con viale Mazzini

Rai, Saviano, censure: le bugie di Fazio da Fedez

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È complicato riuscire a trovare due persone che recitano pubblicamente da anni il ruolo della vittima al pari di Fedez e Fabio Fazio. Ma la puntata del podcast Muschio Selvaggio, in cui entrambi erano presenti insieme gomito a gomito, non poteva che regalare imperdibili "perle" di saggezza. Sia quelle del cantante, che racconta il futuro del suo complicato rapporto con il Festival di Sanremo (visto quello che è accaduto con la moglie di Chiara Ferragni nell'ultima edizione) sia quelle del conduttore ligure, che ha colto l'occasione dell'ospitata per riavvolgere il nastro per parlare del suo addio alla Rai e del suo approdo sul Nove, per Discovery, senza però evitare qualche imprecisione di troppo nel suo racconto.

La difesa di ufficio di Saviano

Fedez lo sollecita nel farsi gli auto-complimenti per l'ascolto tv ottenuto da Che tempo che fa nella prima puntata sulla televisione della Warner "contro tutto e tutti". Fazio condivide le prime due parole pronunciate dal rapper, anche se non si capisce bene che cosa sia questo "tutto" che gli ha impedito di restare in Rai con il suo programma, visto che è stata sua la scelta di firmare un (più che cospicuo) contratto quadriennale con Discovery per trasferire il suo programma sul nono tasto del telecomando. Naturalmente non poteva poi mancare la frecciatina gratuita nei confronti del governo in carica: "Ci sono stati molti post di Salvini che mi riguardavano… ma sono sicuro che lui mi voleva, sono sicuro di questa cosa, voleva me e Fedez a tutti i costi e Saviano pure!".

Ed è proprio con l'autore di Gomorra che Fazio solidarizza in nome di una fantomatica censura televisiva in comune: "Il fatto che non il suo programma non vada più in onda non ha alcun senso e nessuna utilità. Tu puoi non mandare in onda un programma perché non funziona, ma non puoi non mandarlo in onda perché l'ha fatto lui - è la sua convinzione -. Perché la Rai ha deciso di non mandare in onda Saviano? Cosa ha fatto o detto di contrario all'etica?". Sarebbe anche una domanda pertinente, se non fosse che la risposta era già stata ampiamente fornita dal direttore generale della tv pubblica, Roberto Sergio, facendo riferimento al codice etico che aveva provocato la cancellazione anche della trasmissione di Filippo Facci. Saviano lo ha violato in quanto aveva insultato Giorgia Meloni e questo fatto è stato appena certificato dal Tribunale di Roma, che ha condannato lo scrittore per diffamazione contro il presidente del Consiglio.

Fazio smemorato sui primi anni Duemila

C'è infine un ultimo aneddoto personale sul passato professionale di Fazio che non è assolutamente veritiero. Mr. Marra gli chiede se nella sua carriera ha mai dovuto affrontare un periodo particolarmente complicato e il presentatore risponde: "Per me è stato molto difficile rientrare in Rai dopo il 2001. Avevo tentato di fondare La7, poi venne venduta e, per tornai in Rai, impiegai tantissimo tempo e ricominciai su Rai3 il venerdì sera alle 20.10". La narrazione è un po' disinvolta. Innanzitutto Fazio dimentica di specificare che nel 2001 l'avventura non terminò per disgrazia ricevuta, ma perché accettò l'ingaggio di condurre un nuovo talk nella nascente La7 (figlia di Tele Montecarlo). Per ragioni mai troppo chiarite, il suo show venne cancellato a fine 2001 a tre giorni dalla messa in onda e lui intascò legittimamente 28 miliardi di lire tra penali e buonuscite.

Il concetto di "tantissimo tempo" di cui parla è alquanto esagerato: tornato quasi a implorare con la coda tra le gambe un ritorno nella tv di Stato - dopo averla abbandonata repentinamente - la Rai lo perdonò in un lasso temporale a dir poco congruo: un annetto scarso. Anzi, su Radio2 lui comunque aveva continuato ad andare costantemente in onda per tutto il 2002 con Black Out una volta a settimana. E poi rientrò ufficialmente in tv nel 2003 proprio con la nascita di Che tempo che fa. Che non andò solo in onda il venerdì, ma anche il sabato e la domenica: ben tre sere consecutive, tutte le settimane, da settembre a giugno dopo le ore 20. Una visibilità televisiva nel weekend che nemmeno i migliori Pippo Baudo e Mike Bongiorno avevano mai meritato. Alla faccia delle "difficoltà" che ha dovuto riscontrare nel suo lavoro, nonostante non si fosse comportato esattamente in maniera galante con l'azienda ventidue anni fa.

Ma, anche in quella circostanza, sarà stata sicuramente tutta colpa di Salvini, ovviamente.

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