Cronaca internazionale

Morto O.J. Simpson. Divise l'America dal football al "processo del secolo" per omicidio

La notizia della morte dell'ex stella della Nfl è arrivata nel tardo pomeriggio di oggi. OJ era circondato dalla famiglia nella sua casa di Las Vegas. Il processo che lo vide protagonista per l'omicidio dell'ex moglie e del suo amante è ancora oggi in grado di dividere l'America tra innocentisti e colpevolisti

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O.J. Simpson, l’ex stella del football americano che passò dalla fama alle accuse di aver ucciso l’ex moglie e il suo amante, è morto oggi, dopo una lunga battaglia con un tumore. A darne notizia la famiglia, attraverso i suoi profili social: un comunicato secco, senza fornire alcun dettaglio ulteriore, chiuso dalla richiesta di rispettare la privacy di una famiglia che è vissuta per anni sotto i riflettori. La dipartita di uno dei più grandi campioni del football americano chiude il percorso terreno di una stella che, nel giro di una sola giornata, diventò l’uomo più controverso degli Stati Uniti, dividendo il paese tra innocentisti e colpevolisti.

Una malattia vissuta in silenzio

Il comunicato della famiglia, pubblicato pochi minuti fa, specifica che la morte di Orenthal James Simpson è avvenuta nella notte tra il 10 e l’11 aprile, probabilmente per le conseguenze del tumore alla prostata che stava combattendo da qualche mese. OJ sarebbe stato “circondato dai suoi figli e nipoti”, indicazione che le sue condizioni di salute si stavano deteriorando da qualche tempo. L’ex stella della Nfl, però, aveva rifiutato di attirare l’attenzione dei media sulla sua salute: lo scorso febbraio, tramite i suoi seguiti profili social, aveva confutato le voci che lo vedevano in un ospizio a continuare la sua battaglia col cancro.

L’ex running back, sempre diretto e schietto, aveva rimandato al mittente le ipotesi circolate in rete, preferendo parlare del prossimo Super Bowl, che vedeva in campo i suoi San Francisco 49ers. “Non sono in un ospizio, non so chi ha messo fuori queste voci. Ha ragione Donald Trump quando dice che non ci si può fidare dei media”. OJ aveva detto di stare bene e che avrebbe “ospitato un mucchio di amici qui a Las Vegas. Sappiate che sto bene e che va tutto bene. Godetevi in pace il Super Bowl”. Un atteggiamento sprezzante anche di fronte ad una malattia che, evidentemente, stava avendo la meglio. Simpson lascia la ex moglie Marguerite Whitley ed i due figli Arnelle e Jason. Vi terremo informati sugli sviluppi di questa storia.

Una vita sopra le righe

Gli amanti della palla ovale a punta ricordano O.J. Simpson come uno dei più grandi running backs della storia della Nfl, capace di mettere numeri impressionanti sia con la maglia dei Trojans di Usc che con i Buffalo Bills e la squadra della sua città, i San Francisco 49ers. O.J. era passato da un trionfo all’altro, dalla vittoria dell’Heisman Trophy, il premio per il miglior giocatore del college, con il più grande margine di sempre a quando fu la prima scelta per i Buffalo Bills. Simpson richiese uno stipendio mostruoso per l’epoca, mezzo milione di dollari, dicendo che avrebbe fatto l’attore se i Bills non lo avessero pagato. Non era mai successo prima nella storia della Nfl.

OJ Simpson Buffalo 1969

I Bills non si pentirono dell’investimento, visto che le sue corse riuscirono a rianimare una franchise che, fino a quel momento, non faceva che perdere. Fu negli anni a Buffalo che si guadagnò il famoso soprannome, Juice, un gioco di parole sulle iniziali del suo nome, che in America indicano di solito il succo d’arancia. La sua carriera non fu molto lunga, solo dieci anni, come succedeva allora ai corridori, ma quando si ritirò nel 1979 era secondo nella classifica dei corridori più efficaci di sempre.

OJ SImpson Buffalo 1977

O.J. era simpatico, piaceva alle donne e sembrava un bravo ragazzo, di quelli che non avresti avuto problemi ad invitare a conoscere i tuoi genitori. Aveva già debuttato in televisione quando era al college ma quando appese gli scarpini al chiodo passò da un film all’altro, costruendosi una buona reputazione anche come attore. Qualcuno in Italia se lo ricorderà a fianco di Leslie Nielsen nei fortunati film comici Una pallottola spuntata ma James Cameron lo considerò per ricoprire il ruolo del robot assassino in Terminator. O.J. disse che non voleva recitare il ruolo di un cattivo e Cameron scelse Arnold Schwarzenegger. Le cose sarebbero cambiate parecchio pochi anni dopo.

Il processo del secolo

Le immagini del fuoristrada bianco di O.J. Simpson che veniva inseguito dalla polizia sulle highways di Los Angeles sono impresse a fuoco nella memoria di ogni americano. Mentre il resto del mondo stava guardando la cerimonia di apertura dei mondiali di calcio di USA 1994, Simpson veniva arrestato per il duplice omicidio dell’ex moglie Nicole Brown Simpson e del suo amante Ron Goldman. Il processo che vide uno degli atleti più popolari d’America sul banco degli imputati diventò uno psicodramma collettivo e frantumò di colpo la stessa idea di un paese color blind, dove il razzismo era una cosa del passato.

OJ SImpson Ford Bronco 1994

Il processo fu un circo mediatico senza precedenti, trasformando tutti i protagonisti, dal giudice al procuratore agli avvocati della difesa in personalità conosciute ovunque in America. Le dirette televisive si sprecavano, alimentando la crescita dei canali all news, dalla Cnn a Fox News, che avrebbero dominato il panorama mediatico per 20 anni. L’esposizione costante non riuscì a cambiare di molto un fatto di base: gran parte della popolazione bianca lo riteneva colpevole mentre gli afro-americani avrebbero giurato sulla sua innocenza. Il momento decisivo avvenne quando il guanto trovato vicino al luogo dell’omicidio non entrò nella sua mano. La frase usata nell’arringa finale dall’avvocato Johnnie Cochran è ancora usata in America: “If it doesn’t fit, you must acquit” (se non entra, dovete assolverlo).

OJ Simpson guanto 1995

Un verdetto controverso

L’assoluzione di O.J. Simpson fu accolta in maniera diametralmente opposta: se i neri celebrarono la vittoria, i bianchi lo ritennero un verdetto fondamentalmente ingiusto. I problemi dell’ex stella della Nfl non erano finiti: due anni dopo l’assoluzione, fu condannato in sede civile a pagare 33 milioni e mezzo di dollari per esser stato responsabile della morte di Nicole e Ron. Simpson non riuscì a pagare che una minima parte di questa somma, trasferendosi dalla California in Florida per provare a rifarsi una vita lontano dai riflettori. Gran parte dell’America lo ha sempre considerato colpevole, tanto che quando, nel 2006, provò a vendere un libro e l’esclusiva per un’intervista dal titolo esplosivo If I did it (se l’avessi fatto davvero), la reazione del pubblico fu furibonda.

OJ Simpson Nevada 2013

Le cose andarono di male in peggio l’anno dopo, quando fu arrestato per aver fatto irruzione in una stanza di un hotel di Las Vegas per riprendersi quelli che, a suo dire, erano cimeli che gli erano stati rubati anni prima. Questa sparata finì per costargli davvero caro: la giuria, stavolta, lo ritenne colpevole di 12 accuse, dalla rapina a mano armata al sequestro di persona, condannandolo a 33 anni di prigione. Pochi reporter seguirono il caso ed ancora meno furono presenti quando, dopo aver scontato nove anni in un carcere del Nevada, Simpson tornò libero nel 2017. I film, libri, sceneggiati sull’omicidio che divide ancora l’America si sono sprecati, con il paese ancora spaccato tra chi ritiene O.J. una vittima del sistema legale o una delle tante celebrities che riescono a farla franca sempre e comunque.

L’America si era dimenticata volentieri di quella stella tanto lucente quanto scomoda ma le divisioni che quel processo portò a galla sono ancora ben presenti nella società statunitense.

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