Cronaca nera

Il mistero Rogosky. Soffocato con il gas

Il regista era sparito il 29 gennaio. Solo domenica ritrovato il cadavere nel parco dell'Insugherata

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Si è tolto la vita con il gas oppure l'assassino ha inscenato un suicidio? Giallo a Roma dopo il ritrovamento del cadavere del regista e manager cinematografico Philip Rogosky, 56 anni, scomparso lo scorso 29 gennaio dalla sua abitazione in via dei Coronari.

Il corpo, ancora non riconosciuto dai familiari, viene trovato domenica nel parco dell'Insugherata, zona Tomba di Nerone, da un escursionista. «Nascosto dalla vegetazione» spiega al 112. Sul posto agenti di polizia e sanitari del 118. Secondo il medico legale la morte risalirebbe a un mese fa. Primo mistero: Rogosky esce di casa, senza lasciare traccia, alla fine di gennaio mentre la morte viene datata alla metà di febbraio. Un buco di almeno due settimane. Non solo. La testa della vittima è avvolta in una busta di plastica collegata a un tubo a sua volta connesso con una bombola di elio, il gas usato per gonfiare i palloncini dei bimbi. Vestiti laceri, in stato di decomposizione e nessun biglietto. La scena del crimine, per gli inquirenti, è compromessa dalla presenza nel parco di animali selvatici, soprattutto volpi e cinghiali. È il programma Chi l'ha visto? a lanciare la notizia che l'uomo trovato senza vita sarebbe il regista scomparso che parenti e amici cercano da settimane. Volantini affissi ovunque, appelli via social e attraverso il programma di Rai3 non portano a nulla. Le tracce di Rogosky si fermano a un solo testimone che lo vede il lunedì mattina in zona Campo Marzio. Giaccone verde con cappuccio, pantaloni color vinaccia, scarpe Camper, Rogosky avrebbe raggiunto la Riserva Naturale a nord della capitale che conosceva bene portando con sé la bombola di gas. Possibile che nessuno l'abbia notato? E un giallo nel giallo: i pantaloni, solo quelli, vengono ritrovati nel quartiere Flaminio pochi giorni dopo la sua scomparsa dagli amici che partecipano alle ricerche. Come sono finiti lì? Ancora. Addosso niente documenti e cellulare. Lo smartphone di Rogosky, del resto, risulta spento e l'utenza non raggiungibile sin dal giorno della scomparsa tanto da preoccupare i familiari che denunciano la sparizione.

Non è chiaro se la busta sia stata la causa della morte, ovvero se questa sia avvenuta per asfissia o per l'inalazione d'elio oppure se la plastica abbia coperto il volto in un momento successivo alla morte. Ipotesi, questa, che non conferma la presenza di un fantomatico assassino. Solo l'autopsia, disposta a breve, potrà chiarirlo. Il manager non beveva, non faceva uso di sostanze stupefacenti, non avrebbe avuto problemi economici. «Pignolo, ordinato e metodico», spiega la compagna con la quale aveva due figli. «Ma anche molto simpatico, educato e curioso», ricordano attori e produttori che hanno lavorato con lui soprattutto in spot pubblicitari.

Rogosky parlava quattro lingue e negli ultimi tempi aveva prodotto e diretto lungometraggi.

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