Tra 10 e 15mila i dipendenti a rischio
26 Agosto 2006 - 00:00I sindacati preoccupati chiedono il confronto sul piano industriale
da Milano
Tra dieci e quindicimila posti di lavoro: questo potrebbe essere il prezzo pagato dai dipendenti per la fusione di Banca Intesa e Sanpaolo Imi. Secondo gli analisti di Kbw il taglio riguarderebbe l11% circa della forza lavoro attuale, quindi diecimila persone, compresi i dipendenti delle agenzie che saranno presumibilmente messe in vendita, per razionalizzare la rete degli sportelli sul territorio. Nel conto entrerebbero anche gli oltre 3mila impiegati delle esattorie, per i quali è già previsto un piano di riassorbimento da parte dello Stato.
Più pessimistiche le stime dellAssociazione azionisti-dipendenti di Banca Intesa, lAadbi, che prevede complessivamente 15mila esuberi tra il personale dipendente. «Sicuramente - ha affermato il presidente Giorgio Sortino - verranno tagliate più di 400 filiali sparse soprattutto nellarea del Nord-Est» e quindi bisogna aspettarsi «prepensionamenti attuati su base volontaria con misure di accompagnamento sostenute da incentivi». LAadbi afferma comunque di condividere pienamente loperazione «magistrale, condotta da due Napoleoni della finanza come Passera e Bazoli» e si attende un coinvolgimento attivo nella programmazione del nuovo piano industriale.
La necessità di un confronto per trovare soluzioni condivise anche dai lavoratori è sostenuta con forza anche dai sindacati. Per Cristina Attuati, segretario generale della Fabi, vanno tutelate «le professionalità esistenti nei due gruppi»: e Giuseppe Pavone, presidente della più rappresentativa associazione dei quadri direttivi bancari, la Dircredito, spera che «sia mantenuto il criterio della volontarietà, come è sempre avvenuto al Sanpaolo» in caso di esuberi. Unipotesi respinta dal numero uno della Cgil, Guglielmo Epifani, che punta su «riqualificazione e mobilità del personale».