1947, in città scoppia la «guerra di Troilo»

(...) di corso Monforte era in mano sua (e si sentì rispondere press’a poco: «Adesso che l’avete presa, cosa ve ne fate?»). Ettore Troilo, dal quale ha preso il nome la «guerra» - con un richiamo ironico alla guerra di Troia - era un tranquillo avvocato di provincia che nella Resistenza s’era distinto come comandante partigiano della Maiella. Il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia l’aveva voluto a Milano come «prefetto politico», dopo che quella carica era stata lasciata dal notabile socialista Riccardo Lombardi.
Troilo non era una testa calda. Ma le nomine di prefetti politici - così come l’immissione nei ranghi della polizia di elementi partigiani fortemente connotati politicamente - non piacevano né al presidente del Consiglio Alcide De Gasperi né al suo ministro dell’Interno, Mario Scelba: entrambi volevano, e condussero in porto, una «normalizzazione» politica e burocratica pacificatrice, in opposizione a una sinistra che voleva continuasse il «vento del nord», contrassegnato purtroppo anche da ammazzamenti indiscriminati. Forse De Gasperi - conservatore illuminato - si lasciò sfuggire allora l’occasione di riformare radicalmente l’amministrazione italiana, che ne aveva tanto bisogno. Ma i socialcomunisti covavano, in alcuni loro capi e in alcune loro componenti, propositi eversivi, e confidavano proprio nei prefetti politici per attuarli.
Lo si vide proprio quando, annunciata il 27 novembre la sostituzione di Troilo - consenziente - con un prefetto di carriera, calarono dimostranti a migliaia da Sesto San Giovanni, che era ancora la Stalingrado d’Italia. Il Pajetta che nella concitazione di certe sedute parlamentari saltava i banchi della Camera, prese il comando delle operazioni, i rivoltosi circondarono la prefettura conquistata con cavalli di Frisia, Scelba delegò il mantenimento dell’ordine pubblico al comando militare e al questore Agnesina. Davanti al portone della prefettura s’era appostato un autocarro carico di sgherri della sanguinaria Volante rossa. Il povero Troilo - nel cui ufficio riuscii a entrare - era frastornato e incerto, la sua anticamera era affollata da un disparato campionario umano, tipacci ansiosi di menar le mani e pittoreschi personaggi come l’impresario Remigio Paone che ostentava idee socialiste e che poteva passare da Wanda Osiris alla rivoluzione.
Sembrava che dovesse succedere chissà che.

Invece, come è quasi regola in Italia, dopo l’arrivo del sottosegretario all’Interno Marazza - democristiano della Resistenza - si arrivò all’infallibile compromesso. Pajetta perse la prefettura che aveva catturato e Scelba la riebbe. La guerra di Troilo era finita.

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