Aborto e la polizia sequestra il feto

Blitz degli agenti al Policlinico di Napoli dopo una denuncia di interruzione illegale di gravidanza. I dottori: "Era tutto regolare"

Aborto e la polizia sequestra il feto

Napoli - La polizia fa un blitz nella Clinica ostetrica del Nuovo Policlinico e divampano le polemiche. Per due motivi: le modalità di intervento degli agenti, definite da un medico in stile anticamorra e per il tema, divenuto caldissimo negli ultimi tempi, ovvero, una interruzione di gravidanza. Su questo aborto ci sono due inchieste: una della Procura, coordinata dal pm Vittorio Russo, l’altra, interna al Policlinico, aperta dal direttore generale, Giovanni Canfora.

L’accusa: gli inquirenti ritengono che i medici abbiano praticato sulla donna, 39 anni, un aborto fuorilegge. Il blitz sarebbe stato originato da una denuncia anonima. La difesa: i medici sostengono che l’interruzione terapeutica di gravidanza sia stata «praticata alla ventunesima settimana di gravidanza, come previsto dall’articolo 6 della legge 194/78, eseguita con un’iniezione di prostaglandine», come spiega il professor Carmine Nappi, primario del reparto.

Una scelta difficile quella della madre, di voler abortire. Lo spiega il professor Nappi, cattolico, che precisa: «Sono un obiettore di coscienza». Sulle ragioni dell’aborto spiega: «Il feto presentava un’alterazione cromosomica. Se la gravidanza fosse stata portata a termine, ci sarebbe stato il 40% di possibilità di un deficit mentale. La donna ha presentato un certificato psichiatrico della stessa struttura universitaria sul rischio di grave danno alla salute psichica».

Pochi minuti dopo l’aborto, avvenuto due giorni fa, il reparto è stato invaso dai poliziotti. La madre, ancora sofferente, è stata interrogata e, con lei, la sua vicina di letto. Non è proprio soddisfatto del comportamento tenuto dagli investigatori, il dottor Francesco Leone, responsabile del servizio Ivg (Interruzione volontaria di gravidanza). «Capisco che gli agenti fossero lì per compiere il proprio lavoro, ma in un momento tanto delicato e doloroso per una donna, era necessario avere un po’ più di riguardo per la mia paziente. Quando è uscita dalla sala parto, ha trovato gli agenti che già la stavano aspettando». E lei, la donna che ha interrotto il suo stato di gravidanza, ha spiegato alla polizia i motivi della sua scelta. «Si è trattato di un aborto terapeutico. Una decisione difficile, sofferta. Mi è stato chiesto se per abortire avevo pagato, ed ho spiegato che non era stato così. Ero alla ventesima settimana, inizio della ventunesima». La polizia ha sequestrato la cartella clinica della paziente e il feto, un bimbo di circa 500 grammi.

Intanto infuriano le polemiche. La responsabile di «Fraternità cattolica» in Campania, Marina Carrese, punta il dito sulla «ipocrisia della legge 194»: «Basta addurre un possibile danno psichico alla salute della madre per procedere all’aborto. Ma quel feto avrebbe potuto vivere autonomamente fuori dal grembo materno».

Mentre il ministro della Salute Livia Turco ha espresso la sua preoccupazione per un clima da «caccia alle streghe»: «Sono profondamente turbata. Siamo arrivati al punto di usare denunce anonime».
carminespadafora@libero.it

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